M5S Melfi denuncia le carenze di organico nel CPI cittadino
Mortifica e avvilisce la desolazione che regna tra le stanze del centro per l’impiego (cpi) di Melfi registrata attraverso questo filmato.
Un video che racconta di una ordinaria giornata di lavoro presso uno di quei luoghi in cui non dovrebbe esserci silenzio, ma fermento, piena attività e rumore: il rumore del contrasto alla disoccupazione.
E invece nel sordo vuoto dell’ufficio, gli utenti aspettano pazientemente il proprio turno, probabilmente con nessuna speranza nel cuore.
Il cpi di Melfi, come tutti gli altri omologhi uffici diffusi sul disgraziato territorio lucano, è vittima dell’incapacità o dell’avidità, a seconda delle interpretazioni, di un governo regionale evidentemente non altezza delle sfide e delle possibilità del nostro tempo.
Capiamo insieme perché.
Il nostro cpi è attualmente in affanno e, col personale a disposizione, riesce, faticosamente, ad assicurare l’attività di sportello e a soddisfare le ordinarie richieste di iscrizione ai servizi da parte degli utenti.
Il contratto dei navigator è scaduto ed entro il 31 dicembre 2022 ben cinque persone su sette attualmente impiegate presso il cpi andranno in pensione.
Ebbene, non si tratta di una emergenza dell’ultima ora, ma di una tragedia annunciata a cui tutte le Regioni italiane hanno posto rimedio, a eccezione della “felice” Basilicata.
Correva l’anno 2019 quando il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha adottato il piano straordinario di potenziamento dei centri per l’impiego e delle politiche attive del lavoro. Un potenziamento che avrebbe dovuto sostenere e correre parallelo rispetto al provvedimento del Reddito di Cittadinanza. Il ragionamento è lineare: per connettere domanda e offerta di lavoro, è necessario potenziare quei luoghi, i cpi per l’appunto, che sono deputati esattamente a fare questo.
Così, nel 2020, il governo centrale stanzia tre milioni di euro destinati al rafforzamento dei cpi lucani, al raddoppio del personale in servizio e al miglioramento qualitativo delle politiche attive del lavoro della Regione Basilicata.
Ebbene, se tutte le altre Regioni italiane hanno già concluso o si avviano a concludere l’iter concorsuale finalizzato al reclutamento di nuovo personale, la Basilicata, fanalino di coda, è l’ultima a bandire i concorsi. Concorsi, è d’obbligo specificare, banditi, affidati a Formez (anche questo è un unicum tutto lucano) e attualmente fermi al palo!
E ancora, per la Regione Basilicata è previsto un altro stanziamento di fondi dell’importo di nove milioni di euro da spendere entro il 2022 nell’ambito del piano “Garanzia di occupabilità dei lavoratori” (GOL): il governo di centro-destra e l’ARLAB (Agenzia Regionale per il Lavoro e l’Apprendimento Basilicata), tenuta ancora sotto scacco da bieche logiche di spartizione politica, saranno in grado di cogliere queste opportunità? Senza dipendenti, chi attuerà le azioni previste dal GOL?
I segnali che riceviamo, purtroppo, non sono confortanti e il cpi di Melfi ne è solo un esempio: gli impiegati sono ancora in attesa del premio di produttività del 2019, ben cinque persone su sette andranno presto in pensione e dei concorsi resta solo l’annuncio.
Nel frattempo, il generale Bardi fa il buon predicatore in giro per l’amena Basilicata, partecipando a incontri in pompa magna, come l’ultimo svoltosi presso l’Ateneo lucano, parlando, a vanvera viene da dire, di politiche attive del lavoro.
La verità è che questa regione è ostaggio di una classe dirigente inadeguata a cogliere e far fruttare le numerose possibilità dischiuse dal PNRR, Piano di Ripresa citato da tutti, ma ottenuto dal sistematicamente dimenticato Giuseppe Conte.