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Mattini, la nuova opera del prof. Emilio Lastrucci di Mentana ma di azione materana

Negli ultimi anni Emilio Lastrucci ha intensificato la sua attività e produzione poetica, pubblicando opere che raccolgono componimenti in massima parte inediti, salutate dalla critica e dal pubblico con estremo favore. Le ultime quattro raccolte (Semi alati, Rapsodia dell’effimero, Attesa del passato, Mattini) sono state tutte edite, in una veste alquanto pregiata, da Pensa Multimedia. L’ultimo dei lavori citati, fresco di stampa e da qualche settimana immesso nei circuiti della distribuzione editoriale, raccoglie sessantasei poesie, di varia ampiezza, tutte di notevolissimo pregio, per comporre le quali l’Autore ha speso gli ultimissimi anni, fatta eccezione per alcuni versi giovanili, riproposti in una versione parzialmente rivisitata. Le poesie raccolte nel volume hanno tutte in comune una genesi legata ad un preciso momento del
giorno: il sorgere del sole, nonché, in larga parte, ambientazioni ove risultano chiaramente riconoscibili sfondi e squarci paesaggistici delle terre lucane. Il letterato e accademico di origini romane, infatti, si è, com’è noto, naturalizzato in questa regione da oltre un quarto di secolo e qui ha trovato la sua dimensione esistenziale più propria, nonché i luoghi dell’animo che suscitano in forma privilegiata la
sua ispirazione creativa. Tale caratteristica appare quanto mai evidente nel componimento dedicato a Rocco Scotellaro, ma
risulta diffusa in moltissimi altri passi dell’intera silloge, cosi come già nelle raccolte precedenti. L’elemento della fase aurorale del giorno, da cui deriva lo stesso titolo della raccolta, come richiamato nella Sinossi, “acquista valore simbolico in ragione del tema portante di questa fase matura dell’elaborazione poetica dell’autore: il deprimente scenario di un mondo ancora devastato dagli orribili mali che avevano afflitto il secolo passato e il cui incubo nel momento della transizione al nuovo millennio si era avuta l’illusione fosse svanito”. “A questa dolorosa e pessimista visione di una società afflitta da un crescente degrado fanno da contraltare gli slanci, utopici quanto necessari, verso una prospettiva aurorale, che può prender vita soltanto da un processo evolutivo di cui si renda protagonista la nuovissima generazione (particolarmente suggestivi appaiono i versi dedicati ai nipoti,), volto a trasformare la stessa natura umana, e di cui la dimensione poetica dell’esistenza costituisce il valore e la condizione fondanti”. Così si esprime l’autore. “Ben venga l’alba oggi a svaporare gli spiriti più impuri, ad iniettare sangue entro l’atmosfera, affinché esploda a giorno pieno l’endemia floreale, dispensando gli aromi a profusione. Poi, nell’ultimo brivido prima del disgelo, doni il soffio vitale alle nascenti creature, dipinga gli sfondi con le tinte della primavera e invada gli occhi miei di luce, cosicché, abbagliato, devii il mio passo per una strada nuova. (Da Forme di vita, 1980”)

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