Il messaggio del presidente Emiliano in occasione della visita di Papa Francesco in Puglia
È con viva emozione che la comunità pugliese accoglie Papa Francesco, Pastore della Chiesa Universale, uomo di pace, saldo riferimento contro ogni forma di violenza, sopraffazione e degrado morale.La Puglia che accoglie Papa Francesco è una Puglia che continua a coltivare l’ambizione ad essere una terra di frontiera, una finestra aperta sul mondo, un angolo di Europa al centro del Mediterraneo che non rinuncia ad essere crocevia di culture differenti, snodo millenario di arrivi e partenze, di emigrazioni e di immigrazioni. Una Puglia consapevole che la lotta alla povertà non può che incarnarsi in politiche e cultura dell’accoglienza, dell’inclusione e dell’inviolabilità dei diritti umani.
Santo Padre, benvenuto nella terra di Don Tonino Bello! Un uomo mite, umile, semplice, che è riuscito ad incarnare la Chiesa della prossimità, dell’accoglienza e del servizio. Un figlio del Sud, che non si è mai stancato di saldare la Terra al Cielo; di far vivere la sua dimensione spirituale anche nelle pieghe dell’impegno civile quotidiano, promuovendo la giustizia sociale, praticando una pace mai disincarnata e trascendentale, ma sempre vissuta come impegno concreto a favore della giustizia, della salvaguardia dell’ambiente, della solidarietà. Credo che la lezione più importante di don Tonino risieda in una frase che amava spesso ripetere: non andiamo verso la fine, ma verso un nuovo inizio. Don Tonino ci ha insegnato ad aver fiducia, a coltivare la speranza, a guardare avanti insieme.
Ci ha lasciato in eredità la responsabilità dell’impegno condiviso. Non ci può essere vero cambiamento se rinunciamo a guardare il mondo dalle vette dei nostri sogni comuni, contentandoci di sbirciarlo dalle feritoie di miseri desideri personali.
Ci ammoniva di liberarci dai nostri egoismi, dai nostri calcoli, dalle nostre vanità e, soprattutto, dalle nostre paure: “…paure del vicino di casa, paura di chi mette in crisi le nostre polizze di assicurazione. Di chi mette in discussione, cioè, i nostri consolidati sistemi di tranquillità, se non di egemonia. Paura dello zingaro. Paura dell’altro. Paura del diverso.
Paura dei marocchini. Paura dei terzomondiali”… ma anche “paura di non farcela. Paura di non essere accettati. Paura di non essere più capaci di uscire da certi pantani nei quali ci siamo infognati. Paura che sia inutile impegnarsi. Paura che, tanto, il mondo non possiamo cambiarlo noi…”.
E invece, il mondo possiamo cambiarlo. Insieme. Ognuno facendo la sua parte.