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Messaggio dell’Arcivescovo Caiazzo per la Settimana Liturgica a Matera

La nostra Chiesa locale è chiamata ad organizzare e ospitare la 69° Settimana Liturgica Nazionale. Il CAL (Centro di azione liturgica) ha accolto il nostro invito, tramite l’Ufficio Liturgico  Diocesano. E’ un evento di portata nazionale per la nostra città di Matera, che coinvolgerà soprattutto la nostra Arcidiocesi di Matera – Irsina nell’accogliere tutti i partecipanti provenienti da ogni parte d’Italia. Un evento straordinario, che segue quello dello scorso anno sulla Settimana di Avvenire. Evento senza precedenti che rappresenterà l’inizio di una serie di appuntamenti che nel corso dei prossimi anni ci vedrà particolarmente protagonisti. Significativo il tema che sarà sviluppato: “La Liturgia risorsa di umanità. Per noi uomini e per la nostra salvezza”. In sintonia con il Convegno Ecclesiale di Firenze e il Magistero di Papa Francesco, la Settimana Liturgica Nazionale vuole mettere al centro l’Incarnazione di Gesù Cristo che oggi, proprio attraverso la liturgia, continua ad attuarsi attraverso un “umanesimo in ascolto, concreto, plurale e integrale, d’interiorità e trascendenza”. D’altronde la liturgia, mistero celebrato, si fa azione nella vita. Mi piace la definizione di Papa Francesco quando parla della Messa: Dalla celebrazione alla vita, dunque, consapevoli che la Messa trova compimento nelle scelte concrete di chi si fa coinvolgere in prima persona nei misteri di Cristo. Non dobbiamo dimenticare che celebriamo l’Eucaristia per imparare a diventare uomini e donne eucaristici. Cosa significa questo? Significa lasciare agire Cristo nelle nostre opere: che i suoi pensieri siano i nostri pensieri, i suoi sentimenti i nostri, le sue scelte le nostre scelte. E questo è santità: fare come ha fatto Cristo è santità cristiana. Lo esprime con precisione san Paolo, parlando della propria assimilazione a Gesù, e dice così: «Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me». Benedetto XVI, l’11 ottobre 2011, indisse un anno della fede con la Lettera apostolica Porta fidei, anno che divenne occasione propizia perché tutti i fedeli comprendessero più profondamente che il fondamento della fede cristiana è «l’incontro con un avvenimento, con una Persona che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva». Fondata sull’incontro con Gesù Cristo risorto, la fede potrà essere riscoperta nella sua integrità e in tutto il suo splendore. «Anche ai nostri giorni la fede è un dono da riscoprire, da coltivare e da testimoniare», perché il Signore «conceda a ciascuno di noi di vivere la bellezza e la gioia dell’essere cristiani». Ogni qual volta il cristiano fa la sua professione di fede dice: “Credo in unum Deum”. Con questa affermazione afferma non un qualsiasi dio ma il Dio di Gesù Cristo, quello che ci ha rivelato: il Dio – Trinità, che si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi. Non è solo la ragione a spiegarci l’esistenza del Dio di Gesù Cristo. Ogni uomo vive esperienze particolari che a volte suscitano delle emozioni uniche che lo proiettano verso una realtà che non conosce ma che avverte come reale. Esse sono: il risentimento per il dolore, l’inaccessibilità dell’origine, il timore dell’ingovernabile. Ma credere in Dio vuol dire soprattutto aver fatto esperienza di Lui: passaggio dal razionale all’emozionale e da questi a un incontro vero, autentico che dimostra la fede non solo con le labbra ma con la vita: “Dunque, la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo” (cfr. Rm 10,17). E’ dall’ascolto dell’annuncio della Parola che Dio si rivela ad ogni singolo credente: storia universale della rivelazione, quindi della nostra salvezza. Nonostante tutto, nessun credente sarà mai capace di cogliere Dio nella sua pienezza, ben sapendo che non possiede la Verità, ma è posseduto dalla Verità. Esprime molto bene questo concetto il profeta Isaia quando afferma: “Veramente tu sei un Dio nascosto, Dio d’Israele, salvatore” (Is 45,15). Questo significa che, per quanto Dio si sia rivelato, rimane pur sempre il Dio nascosto. Tutto questo lo si sperimenta con mano nell’azione liturgica della Chiesa dove l’opera di Dio – Trinità appare nella sua pienezza rivelatrice ma sempre misteriosamente nascosta. E’, appunto, il mistero celebrato nell’azione per la vita. Ogni spiegazione teologica, razionale, emozionale trova la sua concreta realizzazione nella S. Liturgia. Il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, il Dio dei nostri Padri nella fede, il Dio di Gesù Cristo, nella liturgia, agisce e si rivela. Si racconta che S. Agostino, mentre un giorno passeggiava lungo la riva del mare immerso nelle sue profonde meditazioni, cercando di capire come potesse Dio essere unico ma distinto in tre Persone (il mistero della S.s. Trinità), incontrò un bambino tutto intento a versare con una conchiglia l’acqua del mare in una piccola buca scavata nella sabbia. Sant’Agostino lo guardò a lungo con tenerezza, poi gli domandò: “Cosa stai facendo?” Il piccolo, senza scomporsi gli rispose: “Voglio versare il mare in questa piccola buca!” E Sant’Agostino: “Ma come puoi pensare di racchiudere il mare, che è così grande, in una buca così piccola?” Il bambino alzò gli occhi, lo guardò fisso in volto e rispose: “E tu, come puoi pensare di comprendere Dio che è infinito, con la tua mente, che è così limitata?”. Detto questo, sorrise e scomparve. Noi ci riconosciamo in ciò che Giovanni ha detto “Dio è amore” (1Gv 4,8). Proprio così Dio si rivela in Gesù di Nazaret, lasciando trasparire un po’ del suo segreto. E la storia del Cristo non è quella di una sola persona, ma di tre: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Dio si rivela a noi come mistero di comunione e di amore. “Se vedi la carità, tu vedi la Trinità”. La liturgia è, dunque, il luogo privilegiato in cui si celebra l’umanità di Cristo, uomo tra gli uomini, che rivela la sua divinità perché gli uomini si rivestano di Lui, celebrando la propria salvezza. Siamo, dunque, tutti invitati a partecipare a questa Settimana Liturgica Nazionale. Ci arricchiremo e aiuteremo le nostre comunità parrocchiali, vivendo le nostre liturgie con più consapevolezza e partecipazione e facendo circolare quell’umanità che ha bisogno di essere rivestita di divinità.

† Don Pino

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