Nella Daunia il miglior pomodoro d’Italia, Cia Capitanata: “La qualità va pagata”
E’ di un’azienda di Ascoli Satriano, associata CIA Agricoltori Italiani Capitanata, il miglior pomodoro ciliegino d’Italia: l’impresa Malgeri, infatti, si è aggiudicata il Premio Pomodorino D’Oro Mutti e un importante incentivo economico per l’eccellenza assoluta della propria produzione. Il premio, a nome del titolare Francesco Paolo Malgeri, è stato ritirato dal figlio Domenico. “Sono diverse le nostre imprese associate che, nel 2022, hanno ottenuto riconoscimenti e premialità per la produzione di pomodoro”, ha spiegato Angelo Miano, presidente di CIA Capitanata. “Il premio assegnato dal noto gruppo industriale di Parma, però, assume un significato assai rilevante anche per il fatto di essere giunto dopo una stagione particolarmente tribolata. Facciamo i nostri complimenti all’azienda Malgeri e alle altre imprese associate che si sono distinte per qualità”.
UN ESEMPIO DA SEGUIRE. Per CIA Agricoltori Italiani Capitanata, “riconoscere valore alla qualità è esattamente la strada da seguire per evitare quanto accaduto nell’ultima campagna del pomodoro”, ha aggiunto Miano. “Nel 2022, rispetto all’annata precedente, sono stai prodotti quasi 3 milioni di quintali in meno. Un’enormità, con un danno economico rilevante non solo per i produttori, ma anche per la parte industriale”. In Capitanata, sono stati raccolti circa 12 milioni di quintali di prodotto, a fronte dei 14.782.000 del 2021. In diminuzione anche le superfici coltivate: lo scorso anno, l’oro rosso ricoprì 17.140 ettari, nel 2022 si è scesi a 15mila (complessivamente, in Italia, 32.500 ettari).
“Nella maggior parte dei casi, le industrie conserviere sono state miopi: prima hanno fatto le barricate per risparmiare anche sui centesimi, poi, quando il prodotto scarseggiava e avevano necessità di comprare, si sono ritrovate a pagare molto di più di quanto fossero disposte a fare a inizio stagione”.
PATTI CHIARI, PIU’ POMODORI. Per Nicola Cantatore, direttore di CIA Capitanata, “per evitare un’altra campagna come quella del 2022, occorrono patti chiari: il prezzo va concordato per tempo, non a campagna in corso, in modo da permettere ai produttori di farsi qualche conto e programmare i propri investimenti”. “In questo modo, ridotti a un livello più accettabile i margini d’incertezza che sono già ampi di per sé, le aziende agricole possono tornare a trapiantare pomodoro, ampliando le superfici e incrementando la produzione”. “Inoltre”, ha aggiunto Cantatore, “serve riconoscere economicamente la qualità di un prodotto che, in Capitanata, è caratterizzato da proprietà di assoluta eccellenza”.
Nel 2022, organizzazioni agricole e produttori hanno penato per mesi prima di poter arrivare a un accordo sul prezzo del pomodoro da industria. Un’incertezza e uno stallo durati diverse settimane, tanto da convincere molti imprenditori agricoli a rompere gli indugi e a rinunciare a trapiantare. L’accordo è stato raggiunto soltanto a luglio, con un’intesa basata su 13 centesimi al chilo per il tondo, 14 centesimi al chilo per il lungo, e una maggiorazione pari al 30% per il biologico. A fine campagna, a causa della produzione ridotta in modo rilevante, il tondo ha raggiunto i 16 centesimi e il pelato ha toccato i 21 centesimi. Un’ulteriore dimostrazione di quanto poco assennate siano state le scelte della parte industriale, arroccata su quotazioni insufficienti anche a coprire i costi di produzione per le aziende agricole, ma poi costretta a subire le conseguenze delle sue stesse azioni con la riduzione delle superfici e la conseguente corsa all’accaparramento che hanno fatto schizzare i prezzi ben oltre le richieste iniziali del mondo agricolo. E’ necessario che la parte industriale sia guidata da visioni più ampie, capaci di considerare l’interesse dell’intera filiera. Si tornerà ai numeri del 2021 solo e soltanto se ci sarà un cambiamento da questo punto di vista, rompendo il muro creato da egoismi di parte che poi si rivelano autolesionistici.