BasilicataCronaca

Nuova denuncia OLA

Apprendiamo da fonti di stampa locali dell’avvenuto sopralluogo effettuato da membri della Giunta comunale di Lavello presso l’inceneritore Fenice di Melfi. Sempre dalla stessa fonte si apprende che – su precisa richiesta di informazioni relativa alla richiesta di ampliamento da 30.000 a 39.000 t/a della quantità di rifiuti da incenerire nel forno a griglia – la società non ha fornito adeguate risposte. La stessa società ha poi, candidamente, ammesso che gli interventi straordinari che comporteranno il fermo dell’impianto fino al 30 agosto riguarderanno il solo forno a griglia e, quindi, molto probabilmente non incideranno affatto sulla riduzione di inquinanti nelle falde, ovvero di quella contaminazione causata dalla stessa Fenice.

La OLA (Organizzazione lucana ambientalista) denuncia l’atteggiamento irresponsabile da parte della proprietà dell’inceneritore che è stata messa in condizione di poter tranquillamente non rispondere a precise richieste rivolte da amministratori locali e, allo stesso tempo, sfuggire alle proprie responsabilità, non facendo assolutamente nulla per mettere un freno al disastro ambientale che sta provocando alle falde idriche ed all’ambiente circostante, con la sfacciataggine di intervenire sull’impianto solo per ampliare il proprio business attraverso una nuova richiesta di AIA (Autorizzazioner Integrata Ambientale), che porterebbe le tonnellate annue da trattare da 30.000 a 39.000.

Dopo le due “visite guidate” fatte dalle Giunte comunali di Lavello e Melfi più direttamente investiti dai danni prodotti da questo impianto, dopo dichiarazioni incredibilmente bellicose del senatore Belisario sulla chiusura di Fenice (evaporate in pochi attimi nel caldo sole di luglio), dopo le parate ed il presenzialismo ridicolo di alcuni amministratori locali a pubbliche manifestazioni, siamo dunque arrivati all’epilogo che tanto si temeva: la conferma che quasi sicuramente verrà approvata la richiesta di ampliamento della quantità di rifiuti da incenerire senza gli interventi strutturali che più volte la Ola ha denunciato come assolutamente necessari per limitare il danno prodotto. Il quadro si completa con una ancora più funesta previsione: il rilascio dell’AIA, alla stessa Fenice, che il “buon” assessore Mancusi ha battezzato come “arma letale”, panacea e soluzione di tutto il disastro ambientale causato dall’inceneritore.

Ma da questo “drammatico circo” non possono tirarsi fuori i sindaci e gli amministratori locali. La loro responsabilità è enorme. Basti leggere i dati relativi alla raccolta differenziata nella provincia di Potenza. La media generale del bacino nord della provincia supera di pochissimo il 10%, con situazioni in cui si registra l’1% di raccolta differenziata. Al centro troviamo un 10% netto e al sud un 6,7% di raccolta differenziata. I due comuni più prossimi all’inceneritore, Lavello e Melfi, fanno registrare rispettivamente il 15% e il 10% di raccolta differenziata. Aggiungiamo, a titolo di esempio, che il Comune di Lavello nel 2010 ha stanziato per il conferimento per lo smaltimento dei rifiuti 750.000 euro annui, a fronte dei 500.000 euro del 2009, circa il 4% dell’intero bilancio comunale. Quindi, anziché ridurre la spesa con un ciclo virtuoso di recupero del rifiuto, assistiamo a un aumento dei costi per la gestione dei rifiuti che si aggiunge ai costi in termini di salute dei cittadini che già questo comune è costretto a sopportare grazie a Fenice.

Eppure il rapporto Ispra 2010 ci racconta che vi è un trend di crescita della raccolta differenziata nelle regioni del Mezzogiorno con percentuali, in alcuni casi, del 29,4%. Questo avviene in tutte le regioni tranne che in Basilicata. È necessario ricordare che, per espressa disposizione legislativa, entro il 2009 si sarebbe dovuto raggiungere l’obiettivo del 35% di raccolta differenziata, percentuale che sale al 65% entro fine 2012, con sanzioni molto pesanti per i Comuni non adempienti fino al commissariamento degli stessi. La nostra Organizzazione ribadisce che la gestione della vicenda Fenice, ha rivelato, se ancora ce ne fosse bisogno, tutta l’inadeguatezza della classe dirigente lucana ridotta a semplice comparsa sempre compiacente nei confronti della multinazionale di turno. Tale stato di cose e tale irresponsabilità non è più accettabile ed ha prodotto l’unico risultato possibile: finalmente la Basilicata è diventata la regione più povera d’Italia!

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