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Nuovo decreto sulle estrazioni di metano. Digilio (Verdi Basilicata): “Non osiamo chiedere a chi giova tutto ciò, ma di certo non ai cittadini e all’ambiente”

La tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni, entra tra i principi fondamentali. Ciononostante il ministro della transizione ecologica, immediatamente dopo il voto parlamentare con cui si aggiungono due comma agli articoli 9 e 41, firma il decreto con cui si traccia la mappa dei giacimenti nel sottosuolo italiano. Una cartina attraverso cui si segnalano i luoghi dove si potranno avviare ricerca e coltivazione di idrocarburi, superando la moratoria del 2019. Anche il governo Conte aveva individuato i giacimenti di gas, vincolando però la ricerca di idrocarburi con regole molto più rigide per la difesa dell’ambiente e la protezione di aree naturali. Rispetto al recente passato, in materia di Pitesai, l’approccio del ministro Cingolani sembra essere più in chiave produttiva, tanto da ricevere un plauso da Confindustria, che ambientale come quello inteso dell’ex ministro Costa, maggiormente mirato alla tutela dell’ambiente. Cingolani aggiunge tre miliardi di metri cubi all’anno ai tre già autorizzati, pensando ad un raddoppio di estrazione di metano dai giacimenti già attivi. Nel provvedimento, Cingolani, per indorare la pillola, sottolinea come nel 2020 la produzione di gas naturale sia calata dell’11% rispetto all’anno precedente. Omette però di sottolineare come ci sia stato un incremento della produzione di olio greggio di circa 30%. Benché fossero interessate esclusivamente le richieste di concessione arrivate dopo il 2010, la maggior parte di queste riguardano Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana e Veneto. A queste si aggiungerebbero una cinquantina di permessi di nuova ricerca per quasi 12mila chilometri quadrati di territorio in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Lombardia, Molise e Puglia. Altri permessi di ricerca per 14mila chilometri quadrati potrebbero coinvolgere Piemonte, Sicilia, Veneto e Marche. Per l’area marina invece si parla di una percentuale dell’11,5% delle zone aperte, e cioè quelle dove è concessa la ricerca e la coltivazione di idrocarburi. La Regione Basilicata sarà dunque interessata da un raddoppio di estrazioni. Raddoppio che si sommerà alla produzione derivante dalle concessione di estrazione al largo delle coste joniche. Una condizione per altro auspicata dal governo di centrodestra con il piano strategico regionale presentato dal governatore Bardi alla stampa romana. Una vera e propria cessione di territorio a “garanzia del fabbisogno nazionale”, perpetrata sopra le nostre teste, in spregio della salute e dell’ambiente. Una tempesta perfetta che contribuirà alla decrescita economica e sociale della nostra regione, producendo sempre maggior desertificazione e abbandono delle aree interne da parte dei cittadini, fino al completo suo svuotamento. A nulla sono valsi gli appelli a implementare gli investimenti nei settori strategici chiave per le nostre comunità, l’agro alimentare, il turismo e la cultura. Sembra che il profitto idealizzato da Cingolani con il suo provvedimento sia anteposto all’ambiente e alla salute pubblica. Un perfetto paio con l’impegno della maggioranza di governo regionale nella misura in cui garantisce che accada senza alcun disturbo, semmai sottolineato da un piano strategico di fresca approvazione. Eppure la strada delle rinnovabili tracciata dagli esperti di tutto il mondo potrebbe risolvere non pochi problemi, specie alla luce dell’attuale situazione di aumenti energetici. Si continua a spingere sul fossile ignorando completamente la possibilità di investire su fonti rinnovabili, nonostante fosse l’unica strada per ridurre considerevolmente costi e inquinamento. Non osiamo chiedere a chi giova tutto ciò, ma di certo non ai cittadini e all’ambiente.

Giuseppe Digilio – Coordinatore Regionale Europa Verde Basilicata

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