Ecco come il Parco del Pollino sta affrontando il problema cinghiali
I danni provocati dai cinghiali nei paesi del Parco Nazionale del Pollino e in gran parte della regione Basilicata sono sempre più di attualità. All’ente calabro lucano si lavora per dare risposte concrete alla gente. Preoccupano non poco i danni dei cinghiali tanto quelle alle colture dei cittadini quanto quelli che mettono a rischio la biodiversità, dice il vicepresidente Franco Fiore, che annuncia l’aumento del numero dei selecontrollori che passeranno dagli attuali 370 a 570. Fiore ricorda che il Parco ha messo a disposizione dei fondi per la realizzazione di recinzioni per ridurre i danni, fondi utilizzati sul versante Calabrese del Parco, non ancora sul versante lucano per problemi burocratici. Quella dei cinghiali continua il vicepresidente è una vera emergenza stiamo cercando di invertire la rotta cercando di trasformare un danno in una opportunità per il territorio.
All’abbattimento con il selecontrollo, già in vigore, va aggiunta la cattura con chiusini e similari. I capi derivati da abbattimento e cattura dovrebbero poi entrare in una filiera legata agli ungulati e cioè sfruttare la disponibilità di carne dei cinghiali abbattuti per la creazione di prodotti tipici. In questo modo riusciremmo a raggiungere un duplice obiettivo: dare sollievo agli agricoltori, che non riescono più a gestire i danni causati da questi animali, e allo stesso tempo dar vita a una filiera per la macellazione, la lavorazione e la vendita di carne di cinghiale e dei suoi derivati.
Di cinghiali si è parlato tra l’altro nel corso di un incontro fra Parchi presso la sede del Gallipoli Cognato a cui tra gli altri ha preso parte il vicepresidente Fiore, rappresentanti di tutti i Parchi Lucani, la Coldiretti Basilicata, Federparchi, l’assessore regionale all’ambiente.