Pomodoro da industria, Cia Capitanata: “Serve intesa sul prezzo”
Nel Nord Italia, già dallo scorso 24 febbraio è stato trovato e sottoscritto l’accordo sul prezzo del pomodoro da industria. Nel distretto del Sud, invece, l’intesa non è stata raggiunta. La preoccupazione sta aumentando, anche perché proprio in questi giorni si è aperta la delicatissima fase della messa a dimora delle piante che, di fatto, apre la stagione del pomodoro. “Gli imprenditori agricoli si ritrovano ad affrontare un quadro di grande incertezza”, ha denunciato Michele Ferrandino, presidente di CIA Capitanata.
“Da oltre due mesi, CIA e le altre organizzazioni agricole hanno proposto la sottoscrizione di un accordo che riconosca ai produttori un adeguamento del prezzo, soprattutto alla luce dell’aumento dei costi di produzione”, ha aggiunto Ferrandino, “ma la parte industriale finora non ne ha voluto sapere”. Nel 2020, il prezzo corrisposto ai produttori oscillò per il tondo da 85 a 100 euro a tonnellata, per il lungo da 95 a 125 euro a tonnellata. Quest’anno, in virtù di un aumento generalizzato dei costi di produzione, dovuto al rincaro delle materie prime non agricole impiegate per la coltivazione, secondo CIA Agricoltori Italiani della Puglia e la sua declinazione foggiana occorre rivedere quei prezzi, trovando un accordo soddisfacente ed equo.
In provincia di Foggia, zona di massima produzione in Italia, la situazione è diversificata rispetto alle rese: si va dagli 800 ai 1200 quintali raccolti per ogni ettaro.
Nicola Cantatore, direttore di CIA Capitanata, inquadra l’attuale situazione: “Nei supermercati, le scorte di prodotto sono praticamente esaurite. Sugli scaffali della GDO i prezzi dei pelati, della salsa e degli altri trasformati sono aumentati. Riteniamo che i margini per un adeguamento in favore dei produttori ci siano tutti, ed è giusto che portino a concordare un prezzo equo e remunerativo per gli agricoltori”.
In Puglia, con la provincia di Foggia a farla da padrona, lo scorso anno furono coltivati a pomodoro 17.170 ettari, per una produzione totale raccolta pari a 14.782.950 quintali. Da sola, la nostra regione rappresenta oltre il 50% della superficie coltivata a pomodoro in tutto il Sud e circa il 70% del raccolto di tutto il Mezzogiorno.
“Ora è necessario raggiungere un accordo soddisfacente per entrambe le parti, salvaguardando i valori di una filiera che significa investimenti, sudore, lavoro, grande qualità”, ha dichiarato Ferrandino. I dati Ismea rilevano che l’Italia si conferma quale terzo produttore di pomodoro fresco destinato alle conserve: nel 2020, il 13% della produzione mondiale e il 53% di quella europea è Made in Italy. Il fatturato industriale ammonta a 3,5 miliardi di euro, di cui 1,8 provengono dalle esportazioni. L’Italia si conferma inoltre il primo produttore ed esportatore di derivati del pomodoro destinati direttamente al consumatore finale (il 60% circa delle conserve rosse lavorate in Italia viene esportato). In Italia, la campagna di produzione dell’estate 2020 si è chiusa con un incremento (+8% rispetto al 2019) dei quantitativi conferiti all’industria conserviera nazionale. Nel 2020 sono stati conferiti all’industria circa 5,16 milioni di tonnellate di pomodoro fresco.
“L’obiettivo è raggiungere e sottoscrivere un’intesa, ma in ogni caso anche questa situazione di stallo deve insegnarci qualcosa”, ha spiegato Cantatore. “E’ fondamentale rafforzare il potere contrattuale dei produttori, ed è ciò a cui stiamo continuando a lavorare. Serve unire le forze, sostenere le aggregazioni, puntare sulla ricerca che ottimizzi l’impiego della risorsa idrica e ci dia nuovi strumenti per una produzione sempre più resistente e qualitativa”.