CronacaMicroPostPuglia

Un pozzo di dubbi

Questo è il documento collettivo che stiamo condividendo con singoli e gruppi organizzati rispetto a quanto sta avvenendo in Puglia dopo le quattro richieste della Global Petroleum Limited. Abbiamo inviato questo documento al CAMPEGGIO NO TRIV che si tiene in questi giorni a Morcone (BN) in modo da cercare un confronto con i comitati , i coordinamenti No Triv ed i singoli lì presenti e nella volontà di allargare la base, aumentare le conoscenze comuni e sviluppare massa critica utile in questo momento storico a riaffermare l’autodeterminazione dei territori nelle scelte politiche, ambientali ed economiche.
Apprendiamo dal sito del Ministero dell’Ambiente che la Global Petroleum Limited ha avanzato ben 4 istanze per ricerche di giacimenti di idrocarburi nel mar Adriatico. L’area interessata, complessivamente di oltre 700 km2, è quella compresa tra i territori di Molfetta e Brindisi.
Pensiamo sia superfluo sottolineare che coinvolge comunità da sempre basate su pesca e turismo.
Per questo eventuali permessi concessi dal governo segnerebbero una violenza evidente nei confronti di tali territori.
Vogliamo evidenziare che le analisi esplorative utilizzate dalla multinazionale del petrolio per cercare eventuali giacimenti petroliferi sono estremamente impattanti sull’ambiente.
Ci sono inchieste e studi che denunciano come l’utilizzo della tecnica “Air-gun” (consistente nello “sparare” a grande velocità aria compressa sul fondale provocando vere e proprie esplosioni) risulti dannosa per molte specie marine. Secondo la prof.ssa Rita D’Orsogna, fisico e ricercatrice presso diverse importanti università statunitensi, queste ispezioni sismiche provocano ingenti danni alla pesca ed alla flora marina. Non si esclude che l’enorme pressione delle onde sonore generate possa avere effetti destabilizzanti sul delicato equilibrio marino. Uno studio della stessa D’Orsogna prova la pericolosità delle tecniche air – gun e del fatto che le stesse possano contribuire sia alla perdita dell’orientamento con conseguente spiaggiamento delle balene sia arrecando ingenti danni, derivanti dalle ispezioni sismiche attuate con la suddetta procedura, a zifi, delfini e capodogli, presenti in gran numero nelle acque delle zona interessata dalle quattro richieste. Ricordiamo a questo proposito gli oltre 50delfini piaggiati lungo le nostre coste negli ultimi tre anni.
Ci chiediamo che effetto possa produrre, per esempio, nelle acque al largo di Molfetta e Giovinazzo, risaputamente sature di ordigni bellici affondati lì dopo la bonifica del porto di Bari, dopo il bombardamento del 2 dicembre 1943, e delle bombe inesplose della guerra del Kosovo rilasciate nella stessa area.

Ci lasciano esterrefatti le parole del Ministro all’Ambiente (sic!) Gianluca Galletti che sostiene “l’opportunità offerta dal petrolio” e accoglie a braccia aperte le trivellazioni nel nostro mare.
Eppure basterebbe scorgere cosa è avvenuto e avviene in altre regioni a noi vicine a causa del petrolio per capire che sarebbe molto meglio farne a meno.
 In Emilia Romagna la regione ha commissionato uno studio, prodotto dalla commissione Ichese, che ha sottolineato la possibile relazione tra le attività di trivellazione e le potenti scosse sismiche che hanno duramente colpito la provincia emiliana nel 2012. In un passaggio della relazione finale si dice: “La pagina 47, con le conclusioni di questo capitolo è estremamente rilevante. Al primo punto si afferma che l’estrazione e/o l’iniezione di fluidi nei giacimenti di idrocarburi possono, in determinate circostanze, indurre o scatenare attività sismica”. Al secondo punto dice: “Diversi rapporti autorevoli descrivono casi ben studiati dove l’estrazione e/o l’iniezione di fluidi nei giacimenti di idrocarburi o geotermici è stato associato al verificarsi di terremoti, di magnitudo superiore a 5. E’ difficile, a volte impossibile, utilizzare il termine provata per questi casi (…). Esistono comunque alcuni casi in cui l’attività sismica è stata associata a re – iniezione di acqua di processo nello stesso serbatoio dal quale è stato estratto olio o gas”. A seguito di tale relazione sono stati revocati i permessi per le nuove istanze di estrazione.
Ma per smontare tutte le mistificazioni rispetto ai grandi vantaggi di cui il petrolio è portatore basta spostarsi di qualche chilometro, in Basilicata.
Quando in Lucania, venti anni fa, si scoprì il petrolio, tutti i politici locali e nazionali accolsero la novità urlando che la popolazione si sarebbe arricchita e sarebbe piovuto lavoro per tutti.
Dopo vent’anni ci troviamo di fronte allo stupro di un territorio ricco di storia e natura, dovendo evidenziare che gli unici ad essersi arricchiti sono stati i petrolieri. 
Infatti, secondo l’Istat la Basilicata è la regione più povera d’Italia. La popolazione sta diminuendo a vista d’occhio: sono oltre 3000 all’anno i giovani che lasciano la regione per emigrare altrove.

I dati della Cgil denunciano un tasso di disoccupazione costantemente in crescita: «Nella sola Val d’Agri (dove è più intensa l’attività dei petrolieri) ci sono 8 mila persone tra disoccupati e inoccupati».
Ma la vera beffa riguarda le royalties (in Italia pari appena al 4% del profitto globale delle multinazionali per le estrazioni in mare e del 10% per quelle sulla terraferma). A fronte dei 141 milioni di euro che hanno portato al Pil regionale, le stesse hanno determinato l’uscita della Basilicata dai fondi UE per l’obiettivo 1, perdendo così finanziamenti europei per circa 320 milioni di euro. Ma non basta! Ci sono anche l’inquinamento ed i danni permanenti causati al territorio. La Basilicata ha una percentuale di morti per tumore più alta della media nazionale (dati dell’Associazione Italiana Registro Tumori) e le aziende agricole si sono dimezzate nell’arco di 10 anni (dati Confederazione Italiana Agricoltori).

Secondo i dati della Commissione Bicamerale sul Ciclo dei rifiuti le attività di estrazione hanno inoltre prodotto oltre 400 siti contaminati.

Gli studi della Prof.ssa Albina Colella ci allarmano riguardo le condizioni di salute dell’invaso del Pertusillo, nella Val d’Agri, fonte di acqua potabile anche per molti comuni pugliesi. Le analisi hanno mostrato una consistente presenza di idrocarburi (oltre i valori consentiti dall’Istituto della Sanità) e addirittura di metalli pesanti (forse derivanti dalle sostanze lubrificanti che si usano per le trivelle).

A questo proposito vogliamo ricordare che Eni, Shell e Total finanziano parte dell’attività didattica dell’Università della Basilicata, come seminari, convegni, borse di studio e assegni di ricerca, proprio nell’ambito dello studio geologico del territorio lucano specificatamente in correlazione alla attività estrattiva. Dato l’evidente conflitto di interessi, ci chiediamo quanto possano essere credibili tali studi ed analisi. 

Vale la pena sottolineare, tra le famigerate “riforme” che il governo Renzi vorrebbe portare a casa con la stampella della destra, la modifica del Titolo V della Costituzione che esautorerebbe Regioni ed Enti Locali da ogni intervento in merito alle politiche di tutela ambientale e di sviluppo energetico. Alla luce di tutto questo, e tanto altro, ci opporremo con tutte le forze a questa follia, figlia di un sistema economico capitalista e di una produzione energetica che garantiscono i profitti delle solite lobby, calpestando il diritto all’autodeterminazione di ogni comunità e distruggendo i beni comuni e le nostre vite. Cercheremo un fronte comune, costruito dal basso, con chi, in Puglia e non solo, voglia condividere questa lotta in difesa del proprio territorio.
Saremo nelle piazze ad informare la gente ed al contempo fuori dai palazzi a pretendere che le istituzioni tutelino per davvero il nostro diritto alla salute.
Da un lato quindi esortiamo chiunque ne abbia voglia a mettersi in rete e a dar vita nelle proprie realtà ad incontri, dibattiti o qualsiasi altra forma d’informazione rispetto a quanto sta avvenendo e dall’altro chiediamo a gran voce alle istituzioni locali di prendere una posizione netta, al di là delle sterili dichiarazioni sui media o sui social network, contro le trivellazioni in Adriatico, magari partendo, nel caso occorra, dalla modifica dello statuto comunale e/o dal ricorso al principio di precauzione. Chiediamo inoltre, a chiunque sia in possesso delle competenze necessarie, di farci pervenire ogni tipo di contributo che faccia chiarezza sui rischi legati alle quattro istanze della Global Petroleum Limited.

Le trivelle non piovono da sole dal cielo! Sono il frutto di semplici e precise scelte politiche. I sindaci delle nostre città, i presidenti delle nostre Province e Regioni fanno parte o sono alleati dei partiti che sono al governo e che oggi scelgono di svendere il nostro territorio. Nessuno accampi scuse di non competenza ma piuttosto ci si prenda le dovute responsabilità politiche.
Coordinamento No Triv Terra di Bari

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