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‘Presenza Lucana’ in salsa napoletana

canzone napoletanaLa storia che sarà presentata Venerdì 6 Dicembre presso la sede di Presenza Lucana alle ore 18.30, fa parte della cartella Canti Popolari ed ha come titolo “La canzone napoletana del periodo 1200 – 1800”.

Sarà quello proposto dallo studio di Michele Santoro e dal canto di Mario Donatiello un viaggio alla ricerca delle origini della canzone napoletana e a tutte le trasformazioni che la stessa ha avuto nel tempo. Erano nei secoli scorsi i cantastorie che trasmettevano i canti popolari facendoli conoscere al popolo.

E’ importante per fissare una data alla nascita della canzone napoletana anche capire quando il dialetto si sia sviluppato.

Nella penisola italica, dopo che per secoli si era parlato solo il latino, nel 1200 cominciarono a prendere forma i vari dialetti. In quel periodo regnava a Napoli Re Federico II. E’ in questo periodo che si trovano i primi versi di un canto popolare un breve testo in napoletano, databile attorno al 1200, contenuto in un codice di verseggiatori del quattrocento conservato nel museo nazionale di Parigi dal titolo: Jesce sole.

Tutti gli storici della canzone napoletana si trovano d’accordo nella contemporaneità della nascita del dialetto e della canzone.

Il dialetto napoletano, con decreto del re Alfonso D’Aragona divenne lingua del Regno, sostituendo il latino nei documenti ufficiali.

Dopo la caduta degli aragonesi, la lingua ufficiale imposta fu quella spagnola.

La lingua napoletana per il popolo rimase quella ufficiale, infatti, fu nel cinquecento che trionfò un canto a più voci chiamato “villanella”.

Tutti i canti raccolti e trasmessi a voce sono chiamati “Canti popolari” perché la loro creazione è attribuita all’intero popolo (napoletano) e non a un autore in particolare. In realtà si tratta di componimenti di autori ignoti che si sono poi arricchiti e modificate nel corso degli anni.

In seguito è importante nello studio della canzone popolare napoletana, fare riferimento al “parigino di Mergellina”, Guglielmo Cottrau che per primo, in “Passatempi Musicali”, trascrisse molti canti popolari ascoltati dalla viva voce dei cittadini che se li tramandavano oralmente.

Grazie a Guglielmo e a suo figlio Teodoro, che pubblicò il libro nel 1865, molte canzoni del 1500 e 1600 sono state salvate, diffuse e conosciute anche all’estero (Fenesta Vascia, Michelemmà, Fenesta ca lucive, Lu Guarracino, Cicerenella).

Oggi il “napoletano” è considerato dall’Unesco una vera lingua poiché parlata da milioni di persone e seconda solo all’italiano.

Michele Santoro

 

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