Primo appuntamento di giugno con ‘I Venerdì di Presenza Lucana’
Si è svolto per i “Venerdì Culturali di Presenza Lucana” un incontro che fa parte della cartella “Narrativa Contemporanea” dal titolo: A piedi nudi sui ciottoli, di Gianpiero F. Adornato. Hanno preso parte all’appuntamento, oltre al moderatore Michele Santoro, lo storiografo, saggista ed esperto di dialettologia Dino D’Angella e la saggista Viviana Verri. Roberta Laviola ha letto due brani del testo, con il sottofondo musicale del pianista Giovanni Di Benedetto.
Ha preso parte all’incontro Gianpiero Adornato, autore del testo, nativo di Cittanova (RC) e vivente in Basilicata, da moltissimi anni, dove esercita la professione di ginecologo. Il libro, scritto con un linguaggio facile ed efficace, dà lo spunto a un’indagine storica, antropologica, dialettologica (con tante parole e soprannomi.)
Nella lettura di un romanzo sono essenziali: l’individuazione del territorio in cui si svolge la trama e il tempo in cui scorrono le scene narrate. Nel caso di “A piedi nudi sui miei ciottoli” è la strada di un paesino della Calabria il luogo principale centro della storia di tipo diaristico; il periodo è quello degli anni bui, con altissima miseria, alla fine degli anni ’50 del secolo scorso.
Cos’era la strada? Il luogo in cui una masnada di ragazzi s’incontrava e scontravano con giochi cruenti e di fantasia che, al solo raccontarli, oggi sarebbero incomprensibili.
Il libro riesce a farci tornare indietro nel tempo e con tanta semplicità seguire le storie di un bimbo sino ai suoi undici anni.
Il testo di Adornato, pur nella sua scorrevolezza, è pieno di termini dialettali: quelli che i bimbi usavano prima che la scuola insegnasse loro, a volte con le “bacchettate” dei maestri, a parlare la lingua italiana.
Il bimbo vede nelle scarpe, come una costrizione alla libertà, per questo, appena può, le toglie per andare a piedi nudi sui ciottoli.
Molti sono i personaggi del romanzo che si muovono e dimostrano, spesso, l’ostilità verso il bambino. Così sono ben impresse le figure del maestro che dava schiaffi sulla nuca dei bimbi ogni volta che essi passavano vicini e che offendeva succhiando, in loro presenza, cioccolate. Altro personaggio non amato era il prete che si rifiutò di somministrargli la prima Comunione.
Solo con la madre il piccolo trova comprensione e rifugio, poiché lo comprende e lo abbraccia dopo ogni marachella.
Oltre la madre, anche una professoressa, quella di matematica non è ostile; per questo nei suoi confronti egli usa tre aggettivi: dolce, cara e immensa professoressa.
Anche il padre, anche se distribuisce “currumate” (mazzate) con estrema facilità, è una figura rispettata poiché rappresenta per il bimbo un uomo forte e capace.
Molti sono gli scherzi, alcune volte cattivi, che il piccolo fa come conseguenza diretta di dispetti ricevuti.
Il bimbo cresce per la strada a pane nero e “currumate”, ma la sua è comunque un’età felice ricordata con piacere.
Il libro nasce come una confessione che Adornato fa al figlio che, prima della lettura del libro, niente sapeva dell’infanzia difficile vissuta dal padre nelle zone in cui viva era la forza della “ndrangheta”.
“I ragazzi, oggi, vivono nel benessere, ma cinquanta anni fa questa parola non esisteva nemmeno nel vocabolario poiché si era tutti poverissimi, ma non ce ne accorgevamo poiché convinti che quella fosse la nostra vita”. (G.A.)
Il testo affascina poiché è pieno di tante immagini scolpite e descritte come in una fotografia, in cui sono ben evidenziati bambini che giocano, padri che tornano dalla campagna e madri indaffarate in lavori domestici e ad accudire ai bambini.
Michele Santoro