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Procura di Potenza condanna l’ENI per traffico illecito di rifiuti

La notizia che è arrivata ieri dalla Procura di Potenza rappresenta un segnale positivo per tutti coloro che hanno a cuore la tutela ambientale della nostro bellissimo territorio. Nemmeno i potentissimi legali del “cane a sei zampe” sono riusciti a smontare l’impianto probatorio dell’inchiesta che nella primavera del 2016 scatenò un vero e proprio “tsunami” e, per la prima volta, mostrò alla pubblica opinione tutti i lati oscuri dell’affaire “petrolio” in terra di lucana.

Attendiamo di leggere le motivazioni alla base della sentenza di condanna per il reato di traffico illecito di rifiuti emessa ieri a carico del colosso petrolifero (che, ricordiamo, è controllato, di fatto, dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in forza della partecipazione detenuta sia direttamente sia attraverso Cassa Depositi e Prestiti SpA). Secondo quanto emerso dalle carte dell’inchiesta e dal successivo dibattimento, sui reflui rivenienti dall’estrazione petrolifera che l’Eni smaltiva o immetteva nuovamente nel sottosuolo vi furono “controlli approssimativi e carenti” anche da parte dell’Agenzia per l’Ambiente lucana (ARPAB). I fatti processualmente accertati attestano che i tecnici ENI che controllavano il processo di smaltimento dei reflui erano coscienti che gli inquinanti ivi presenti fossero superiori ai “valori limite” fissati dalla legge: e tanto fino al punto da “filtrare preventivamente i campioni prima di inviarli al laboratorio”. Secondo quanto sostenuto dalla pubblica accusa – rappresentata dal PM Triassi – l’ENI reiniettava nel sottosuolo, non solo l’acqua venuta in superficie con il petrolio estratto in Val d’Agri, ma anche “altri reflui provenienti da distinti processi di produzione effettuati all’interno del centro oli” (realizzando notevoli risparmi a danno dell’ambiente).

Questo importante approdo della giustizia penale non è certo risolutivo ai fini di una adeguata prevenzione e tutela ambientale della nostra regione: ENI deve, infatti, rispondere di altre azioni potenzialmente lesive del territorio lucano, tra le quali lo sversamento di 400 tonnellate di greggio nel sottosuolo dello stabilimento in Val d’Agri: in questo caso il Procuratore Curcio parlò esplicitamente di “disastro ambientale che ha compromesso tutte le matrici” ambientali.

Speriamo che questi segnali provenienti dai palazzi di Giustizia fungano da detonatore ad una vera svolta nelle politiche energetiche e di sviluppo della nostra regione e dell’intera nazione. L’uscita definitiva dalle fonti fossili è ormai imposta dalla crisi climatica: il neonato Ministero della Transizione Ecologica dovrà necessariamente archiviare il disastroso “esperimento” petrolifero in Basilicata ponendo urgente riparo alle sue nefaste conseguenze non solo ambientali e sanitarie ma anche socio-economiche (desertificazione produttiva e demografica).

Dal canto nostro continuiamo a mantenere la barra dritta e la guardia alta nella difesa della dignità di un territorio che per troppo tempo è stato alla mercé di interessi senza scrupoli anche grazie alla connivenza della politica.

 

Gianni Perrino

Gianni Leggieri

Carmela Carlucci

Movimento 5 Stelle Basilicata – Consiglio Regionale

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