Professore indagato per test truccati
“Quasi alla fine della mia carriera ho commesso un grande sbaglio, anzi enorme, delle cui reali dimensioni ho potuto rendermi conto solo quando la legge ha iniziato il suo corso. Chiedo di essere punito per quello che realmente ho commesso. Il mio reato più grave non è tanto quanto mi viene addebitato nei capi di imputazione, ma quello che ho compiuto nei confronti dei miei allievi”.
E’ un passaggio della lettera che il prof. Marcantonio Pollice ha depositato nell’udienza preliminare in corso a 127 persone (studenti, genitori e docenti universitari), per presunti test d’ingresso truccati alle facoltà di medicina e odontoiatria di Bari, Foggia, Ancona e Chieti. Le indagini sono curate dal pm Francesca Romana Pirrelli.
Pollice era la mente dell’organizzazione che nei giorni 4 e 5 settembre 2007, aveva allestito due centrali che inviavano sms per rispondere correttamente (e, soprattutto, senza arrovellarsi) ai quiz ministeriali.
Il docente, forse conscio che pagherà il suo errore a caro prezzo, punta il dito contro le famiglie degli allievi da lui aiutati: “I genitori sono troppo presi dai loro lavori, non hanno mai tempo per i figli, e pensano di ottemperare al loro compito comprando ai ragazzi magliette firmate, l’ultimo telefonino o qualcos’altro di similmente inutile”. Evidentemente, il professore si riferisce alla possibilità di acquisto stesso dei test.
“Ai genitori” – ha continuato Pollice – “dico solo che, nei miei panni di docente, non voglio che gli studenti superino questo o quel corso, ma che crescano. Ed io, purtroppo, ho tradito i loro ideali. Un corso, un test d’ammissione si supera con lo studio, coi sacrifici, non con la truffa. Mi spiace anche che l’ateneo ha speso molti soldi per ‘blindare’ quei test.
Ora l’Università di Bari, che nel processo si costituirà parte civile, ha chiesto un risarcimento di 26 milioni di euro.