Prosegue l’attività della Terapia del dolore con impianti di ultima generazione per la stimolazione sacrale per eliminare la sofferenza
“Con l’intuizione di istituire una rete della Terapia del dolore sul territorio regionale, l’offerta degli ospedali dell’Azienda regionale ‘San Carlo’ si è arricchita con procedure innovative che mirano a ridurre la sofferenza nelle persone che sono colpite da disturbi articolari e del sistema nervoso, permettendo di garantire questo tipo di particolari cure finora assenti nella nostra regione”. Lo afferma soddisfatto il direttore generale dell’Aor Giuseppe Spera. “Per la prima volta in Basilicata -continua il Dg- è stato impiantato, in una donna Potenza di 70 anni, uno stimolatore sacrale di ultimissima generazione. La stimolazione sacrale permette di gestire, in caso di dolore pelvico cronico non controllabile farmacologicamente ed in caso di patologie funzionali urologiche resistenti alle normali pratiche terapeutiche, la modulazione nervosa di tutto l’apparato uro-ginecologico in entrambi i sessi e quindi -conclude il direttore generale Spera- assicura la normalizzazione delle alterate vie fisiologiche responsabili della sintomatologia”.
“Da oltre sette anni, la paziente lamentava un dolore, non controllabile farmacologicamente, a livello vulvare e della pelvi, oltre a presentare un grave disturbo di incontinenza urinaria che le impedivano di uscire di casa, stare seduta e svolgere le normali attività quotidiane. Siamo intervenuti in due tempi, spiega il dottor Antonio Giardina, responsabile della Terapia del dolore. “Nel primo tempo -continua lo specialista- è stato inserito sotto guida radiologica un elettrocatetere, collegato ad una batteria esterna, nel plesso nervoso sacrale, che è il responsabile di questo tipo di patologie molto diffuse. Alla visita di controllo, dopo sette giorni, la sintomatologia dolorosa e funzionale vescicale si era ridotta di oltre il 70 per cento e si è quindi deciso di inserire, con un secondo intervento, la batteria definitiva sottocute, della durata di dieci anni, compatibile con l’accesso ad eventuali esami di diagnostica per immagini, come la risonanza magnetica. Entrambi gli interventi sono stati eseguiti in anestesia locale, con una blanda sedazione e con minimo dolore post-operatorio. Alla successiva visita di controllo -conclude il dottor Giardina- la sintomatologia dolorosa e funzionale era praticamente scomparsa, con immensa gioia della paziente che è potuta tornare ad una vita normale”.