Quale sarà la politica energetica nazionale?
All’indomani del referendum sul nucleare, la domanda da porsi ora è: quale sarà la politica energetica nazionale? Con la vittoria del Sì sul quesito referendario, il Governo dovrà rivedere e rimodulare la strategia energetica che non dovrà essere più tesa al massimo profitto, in barba ai danni per la salute dei cittadini ed a quelli per l’ambiente, ma dovrà prevedere un’offerta integrata in cui l’efficienza energetica dovrà, gioco forza, ricoprire un ruolo primario. Così come a un ruolo primario sono candidate le fonti rinnovabili verso le quali di certo aumenterà il livello di attenzione degli speculatori e delle lobby se è vero che già ora la gran parte degli incentivi in conto energia sono finiti nelle tasche delle grandi potenze economiche, imprenditoriali e politiche. Con tali prospettive, la Basilicata diventerà la probabile meta degli investimenti di organizzazioni che, consumati ormai i terreni, sovraccaricata la rete elettrica in altre regioni del sud, troveranno terreno fertile nella nostra regione, non solo per le particolari caratteristiche del nostro territorio, ma anche e soprattutto per i segnali che già provengono dalla classe dirigente.
Fino ad ora siamo di fronte all’esempio più lampante di come un’opportunità di risparmio per le famiglie, per le piccole e medie imprese, si è trasformata, come sempre, nel business di lobby ben organizzate. E’ pur vero che l’azione speculativa attuata nel campo delle rinnovabili nasce insieme alla decisione di incentivare questo settore. Ne sono la prova più evidente la truffa dei certificati verdi e dei CIP6 che, inserendo nel sistema di incentivazione anche le cosiddette fonti rinnovabili assimilabili, di fatto hanno dirottato enormi quantità di denaro verso i termovalorizzatori, gli impianti a “carbone pulito”, a scarti di raffineria e a rifiuti indifferenziati. Ma chi paga? Naturalmente paghiamo tutti poiché questi soldi che entrano nelle tasche dei furbetti, incidono sulla nostra bolletta elettrica per circa l’8 – il 10%. Pensate se questi soldi, che continuiamo a pagare e continuano ad incentivare l’inquinamento, fossero dirottati davvero per incentivare le vere fonti rinnovabili ed i certificati bianchi destinati alla raccolta differenziata!
Uscendo definitivamente dal nucleare, bisognerà rivedere le dinamiche di incentivazione delle fonti rinnovabili ma proprio in questo riassetto delle strategie energetiche si insinua il pericolo che, ancora una volta, potrebbero essere in pochi a godere e a spartirsi l’enorme bottino a disposizione. Pensiamo ad esempio a quello che rappresenta il decreto “salva ALCOA” che prevede tra l’altro una proroga degli incentivi più alti di quelli attualmente previsti fino a giugno 2011. Basta certificare che l’impianto è stato completato entro il 2010 che scatta questa opzione. E’ facile intuire che le domande siano state migliaia e di certo molte riguardano impianti non realizzati nei termini previsti. Perché qualcuno deve spiegare quali e quanti sono stati i controlli fatti a seguito delle dichiarazioni dei produttori.
Anche in questo caso non sono certo le famiglie o le piccole imprese a godere degli incentivi. A queste rimangono come al solito le briciole visto che la potenza installata con le centrali fotovoltaiche supera di gran lunga la potenza installata sulle case e sui capannoni.
E’ così, e continuerà ad essere così se non si porrà rimedio. Ma le condizioni non sono propizie se è vero che sia nel campo dell’eolico che nel fotovoltaico, il sistema è fatto in modo che vengano promossi i grandi impianti, tra l’altro fortemente impattanti dal punto di vista paesaggistico, piuttosto che gli impianti di microgenerazione e gli interventi di efficienza energetica. Si continuerà a rubare terreno all’agricoltura, a speculare sugli incentivi, a far crescere un sistema che a molti pare creato non solo per facili profitti ma anche per creare quelle autostrade su cui far viaggiare e “lavare” denaro di dubbia provenienza. E’ un sistema che non può essere fermato a causa di una commistione di ruoli. Molto spesso chi deve controllare è in un modo o nell’altro anche lui investitore, mentre molti gruppi ambientalisti hanno perso di vista lo scopo della loro missione e si sono messi a partecipare a quote azionarie e a ricoprire importanti ruoli in società che promuovono sì investimenti puliti, ma lo fanno per profitto e ciò non è compatibile moralmente con un ruolo di promozione e tutela ambientale. Che fare allora? Non resta che sperare che qualcuno che conta faccia sue queste riflessioni e si faccia promotore di un progetto che proponga di rimodulare e reindirizzare gli incentivi statali sulle vere fonti rinnovabili, promuovendo l’investimento da parte delle famiglie, delle piccole imprese che, in questo periodo di crisi troverebbero in questi incentivi un respiro di sollievo e perché no, la possibilità di ripartire e di guardare ad un futuro meno preoccupante. Bisogna sperare che l’incentivo in futuro promuova chi investe sull’efficienza energetica, sui piccoli impianti di produzione da fonti rinnovabili da installare sui tetti senza sottrarre ulteriori terreni all’agricoltura, chi promuoverà una politica di risparmio riducendo gli sprechi tipici del nostro tempo. Bisogna sperare che la Regione Basilicata faccia da apri pista a un nuovo modo di intendere e di guardare a tali opportunità, invertendo quella tendenza che fino ad ora ha invece promosso l’esatto contrario di quanto si potesse auspicare.
Il popolo ha scongiurato un pericolo grave per la salute degli italiani bocciando il nucleare.
La politica faccia quel poco che resta da fare orientando la propria azione verso il bene di tutti e non di pochi. Malgrado tutto credo che questo sia ancora possibile in Basilicata come nel resto della Nazione.
Rocco Caramuscio