Raffaele Sollecito si confessa a ‘Quarto Grado’
“Sto bene e sto recuperando pian piano la mia normalità, ma dopo tutto quello che ho sofferto in quattro anni la mia vita è cambiata per sempre”. Sono le parole di Raffaele Sollecito, davanti alle telecamere dopo la sua assoluzione per l’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher. L’intervista è andata in onda ieri sera, su Rete 4, nel corso della trasmissione ‘Quarto grado’, condotto da Salvo Sottile. Sollecito tradisce l’emozione solo alla fine, quando parla di Amanda Knox, per il resto, nel corso della lunga intervista, si dimostra sicuro di sé, mantiene il sangue freddo e non risponde a domande dettagliate su alcune fasi del processo. “Ho deciso di rompere il silenzio – dice – perchè penso che, dopo quello che abbiamo patito io e Amanda, sia mio dovere denunciare le incongruenze, gli errori e tutto quello che non funziona in un sistema che tiene due innocenti in carcere per quattro anni. Il mio è stato un caso unico al mondo, che ha avuto un interesse spasmodico su tutti i media. Per questo mi sento in dovere di dire che è stata una grossa ingiustizia e un grosso sbaglio. Quello che desidero è che ciò non si ripeta più”
Sollecito riferisce di aver sentito, nel corso del processo, “tante infamieda parte di persone che non sono state oneste: ho sentito testimonianze inverosimili”. Ciò nonostante, “l’ondata colpevolista” che Sollecito ritiene essere stata alimentata via web e dal gossip dei media, l’ha colpito solo marginalmente. Difatti, “per strada ho sempre ricevuto manifestazioni di solidarietà. Nessuno mi ha mai detto più di un ‘non so che pensare”’ del caso. Sollecito si definisce un ragazzo onesto, molto dolce e con un cuore immenso, convinto che suo padre non abbia mai dubitato di lui: ”La mia onestà è trasparente, e se anche dovessi commettere una stupidaggine come rubare una mela subito lo confesserei a mio padre”.
Poi, si passa alla storia con Amanda Knox, una relazione finita, ma il ragazzo continua a nutrire un forte affetto nei confronti della studentessa americana, assolta anche lei in secondo grado per l’omicidio di Meredith Kercher. L’unico momento in cui il ragazzo pugliese tradisce un pò di emozione, davanti alle telecamere, è quando parla proprio della ragazza di Seattle: “Le auguro tutta la gioia del mondo. La nostra è stata una esperienza allucinante e credo che questa situazione incredibile sia stata in lei amplificata. In questi quattro anni tra me e Amanda – precisa Sollecito – si è creato un affetto intrinseco. Siamo stati vittime di un’ingiustizia, di una tragedia immane che ci ha stravolti. Per questo motivo, i sentimenti che provavo per Amanda sono stati completamente soffocati e spenti, lasciando spazio unicamente ad un grande affetto”. Quella storia di coccole e affetto, l’ idillio d’amore che Sollecito racconta di aver vissuto con Amanda anche la notte in cui Meredith fu uccisa, è dunque finita. Anche se la giovane avrebbe invitato Raffaele a raggiungerla negli Stati Uniti: “E’ vero, mi ha invitato e avrei voglia di andarla a trovare ma non so quando. Sto ricostruendo la mia vita”. Il ragazzo pugliese, infine, definisce tutta una montatura la possibilità che lui possa essere stato succube di Amanda: ”Si è partito da un assunto, e cioè che Amanda era colpevole. Dal momento che io ho sempre detto la verità e la scagionavo, hanno sempre cercato di attribuirmi una personalità succube”. Alla domanda se abbia paura che il verdetto di assoluzione possa essere ribaltato in Cassazione, Raffaele non nasconde il suo timore: “Una volta che ti sei bruciato, dopo la condanna di primo grado, è ovvio che hai un senso di frustrazione”.
Il fatto che Amanda Knox sia stata fotografata travestita da ladra il giorno di Halloween non è uno scandalo, “perchè lì negli Usa, Halloween è una festa molto sentita”. Sollecito, poi, ha aggiunto: “Io commemoro il giorno dei defunti, il 2 novembre. Ma se tutti i miei amici si truccano e si travestono, non ci vedo nulla di strano”.
Infine, un pensiero sulla famiglia di Meredith. “Chiedo giustizia e prego per loro ogni giorno affinchè venga fuori la verità. Se fossi in loro mi batterei al massimo per sapere quello che è successo e non per tenere delle persone in carcere. La sentenza di secondo grado che mi ha assolto dall’omicidio, ha sancito una parte della verità, ma siccome la questione è complessa, bisognerebbe approfondire tutti gli altri aspetti del caso. Ho tentato di contattare la famiglia di Meredith, ma quando ho trovato le porte chiuse ho lasciato perdere, visto che volevano chiudersi nel loro silenzio”. Nel ripercorrere alcuni momenti del processo, il ragazzo dice di non aver mai conosciuto Rudy Guede, unico condannato per l’omicidio di Meredith: “Non l’ho mai incontrato, neanche per sbaglio, l’ho visto solo in un’aula di tribunale. I miei avvocati hanno fatto indagini approfondite e sono convinti che Rudy sia l’unico aggressore. Personalmente non mi interessa, l’importante è che venga fuori la verità per quello che è”