La Regione Puglia dice no al ‘ghetto’ di Rignano Garganico
“In questi anni abbiamo provato tantissime volte non solo a gestire l’emergenza, ma anche ad individuare un modello di intervento su un tema molto complesso. Ci siamo ingegnati per definire un quadro normativo che potesse essere ‘antagonista’ della normalità funerea del caporalato. In Puglia, con le leggi contro il lavoro nero e con l’individuazione di strumenti specifici quali gli indici di congruità, abbiamo definito un quadro di lotta, anche per spiegare al sistema d’impresa che coloro che fanno ricorso al lavoro nero, non soltanto vìolano diritti fondamentali, ma drogano le regole della concorrenza”. Parole di Nichi Vendola, Presidente della Regione Puglia, intervenuto ieri, assieme agli assessori Minervini, Capone e Gentile, alla conferenza stampa di presentazione della delibera approvata dalla Giunta martedì 2 aprile sul ‘Piano di azione Rignano Garganico: capo free-ghetto off’. La struttura, anzi un vero e proprio ‘ghetto’, accoglie stabilmente 2-300 migranti sfruttati in nero nelle campagne del foggiano, e che, in estate, supera anche le 1500 presenze. E su questo tema, Vendola ha affermato che “la Regione Puglia ha costruito un percorso in cui la legalità diventa conveniente e l’immigrazione una straordinaria opportunità”. In cantiere, c’è un programma per chiudere il campo entro l’1 luglio e sostituirlo con 5 strutture più piccole, con capienza di 250 posti.
“Abbiamo provato in questi anni a mettere insieme nuovi percorsi ed esperienze, cominciando dagli alberghi diffusi. – ha proseguito Vendola –Il ghetto di Rignano Garganico è un luogo che è un pò la proiezione della logica del caporalato e rappresenta, in qualche maniera, una cessione di sovranità da parte dello Stato. Lo schiavismo non può essere compatibile con la nostra idea di civiltà, di modernità e di democrazia. Noi vogliamo chiudere Rignano Garganico, vogliamo chiudere quel luogo gestito dalla criminalità, che rappresenta una vergogna per il nostro territorio. Non solo: vogliamo montare dei campi di piccole dimensioni, che possano consentire l’accoglienza dei lavoratori migranti che sono qui nel periodo stagionale della raccolta del pomodoro o dell’anguria. Vogliamo aiutare le imprese a regolarizzare i rapporti di lavoro, a non cedere alla tentazione malvagia del lavoro nero. Si tratta di una sfida culturale. Non sarà una delibera a liberarci da una porzione di medioevo. C’è bisogno dell’apporto di tutti: i sindacati, le organizzazioni professionali, il volontariato, il mondo dei media. È una sfida importante di difesa della dignità e dei diritti di ogni essere umano”.