Ristorazione ospedaliera nell’Asl Bari, quasi l’89% dei degenti consuma e gradisce il pasto
Oltre 610mila pasti in 438 giorni di attività, tra pranzo e cena, e una media giornaliera di 1.394 somministrazioni. Potrebbero essere i numeri di uno dei più grandi ristoranti di Puglia, in realtà è il report di monitoraggio del servizio di Ristorazione ospedaliera della ASL Bari nel periodo tra il 1° febbraio 2021 e il 15 aprile 2022.
«La catena dei controlli verifica ogni singolo passaggio – commenta Pia Paciello, direttrice dall’Area Gestione del Patrimonio – dalla preparazione del pasto sino alla consegna in reparto, in coerenza con le linee di indirizzo regionali sulla ristorazione. Con la giusta flessibilità che è risultata fondamentale nel periodo di pandemia, quando è stata avviata la nuova modalità, adottando a seconda delle necessità e delle situazioni – si pensi ai reparti Covid – i contenitori monouso in materiale biodegradabile e compostabile oppure le stoviglie in ceramica e la posateria».
Il servizio attuale consta di undici punti di erogazione per altrettante strutture di ricovero, comprendenti sette presidi ospedalieri (Monopoli, Di Venere, San Paolo, Putignano, Altamura, Corato e Molfetta), i Presidi Post Acuzie di Terlizzi e Triggiano, Grumo e l’Hospice di Monopoli.
«Gli obiettivi del servizio sono molteplici – spiega Annalisa Altomare, direttrice dell’esecuzione del contratto – e poggiano sul binomio controlli-ascolto, da un lato per offrire al paziente ricoverato un’alimentazione sana ed equilibrata, grazie all’attenta supervisione dei servizi di Dietetica della ASL, dall’altro per garantire il rispetto dei parametri di qualità previsti per legge, senza tuttavia tralasciare aspetti fondamentali come il gradimento e la soddisfazione». Per questo è stata condotta un’indagine tra il 22 e il 28 novembre scorsi, con un’intervista sottoposta a mille degenti ricoverati in tutte le unità operative. Due i principali criteri di valutazione: la qualità percepita dei pasti e le quantità di cibo non consumate. «Il giudizio emerso – rileva la dott.ssa Altomare – è complessivamente positivo ed è confermato da una bassa percentuale di pasti non consumati». Quasi l’89% di pasti consumati e solo l’11,5% di scarto alimentare, infatti, è un dato particolarmente lusinghiero, soprattutto se confrontato con la percentuale nazionale attestata al 30%.
Il sistema dei controlli sulla qualità della ristorazione e sulla soddisfazione dei pazienti è continuamente in attività, con verifiche a campione e indagini sistematiche. Punti di forza del servizio sono rappresentati dalla flessibilità, con il passaggio dal menù emergenziale a singola scelta al menù stagionale previsto dall’offerta tecnica di gara; dalla varietà del menù, basato sulla scelta fra tre diverse opzioni; dalla possibilità di adattare l’offerta tenendo conto delle criticità emerse in corso d’opera e delle richieste dei singoli presidi, nonché l’attenzione prestata ai gusti dei degenti, grazie alla pianificazione della rilevazione della qualità percepita e alla validazione delle variazioni sottoposte al giudizio tecnico delle dietiste ospedaliere. Di sicura efficacia, inoltre, sta risultando il sistema informatizzato di prenotazione dei pasti, sperimentato in questa fase in due ospedali, che consente la personalizzazione del singolo pasto per ogni degente.
Un continuo lavoro di aggiustamento per rilevare e risolvere alcune criticità, dal dimensionamento dei condimenti alla cottura e al sapore della pasta o dei secondi, sempre nel rispetto delle grammature previste per la ristorazione ospedaliera, tendente il più possibile ma comunque diversa dal pasto a domicilio. «Differenze di gradimento – rimarca Altomare – sono emerse tra le diverse strutture servite in regime fresco-caldo e regime refrigerato – adottato in base alla maggiore distanza dal punto cottura – e per alcune ricette in particolare, ad esempio la carne ai ferri sostituita, in meglio, dall’hamburger. Alla centralizzazione della produzione del pasto – aggiunge – corrisponde specularmente la centralità del paziente, che percepisce il pasto come un momento di gratificazione e distrazione dalla malattia, un aspetto reso ancor più evidente nel periodo pandemico e che è stato particolarmente curato. Il servizio è senz’altro migliorabile e farlo in modo continuo è l’obiettivo finale a cui tendere. L’ascolto di suggerimenti e proposte da parte dei degenti va perciò di pari passo con l’attenzione che la ASL pone alla qualità della ristorazione».
Infine, recitano un ruolo determinante i servizi di Dietetica ospedaliera, impegnati quotidianamente in un’attività di monitoraggio e verifica, di dialogo assiduo con i referenti della ditta di ristorazione per la correzione di alcune caratteristiche organolettiche e di ascolto diretto del paziente, al quale garantire una condizione nutrizionale ottimale.