Sanità, Nursing Up: “I dati INAIL raccontano la nostra vita di inferno”
«I più esposti al rischio, sempre e comunque, siamo noi. «Come nella più incerta delle battaglie, in piena trincea 24 ore su 24. Alle prese con le maggiori responsabilità, capaci di guardare ogni giorno in faccia alla morte nei momenti delle emergenze più delicate, pronti a rischiare la nostra vita per la salute del paziente.
Arrivano in questo mese di marzo, i dati dell’Inail, denominati dossier Donne, che disegnano, tra i tanti, il quadro della sanità italiana per quanto riguarda le denunce da infortunio nel periodo gennaio 2020-gennaio 2022 per le nostre operatrici sanitarie. Uno spaccato terribile.
E’ tempo di bilanci e riflessioni, e di certo non è mai troppo tardi. Noi del Nursing Up, come sempre facciamo, abbiamo cercato di riassumere i dati, mettendo in evidenza come il periodo in questione, il biennio inizio 2020-fine 2021, sia stato, senza dubbio, a dir poco drammatico per gli infermieri italiani. Certo l’emergenza è arrivata come un colpo alla nuca, all’improvviso e nessuno l’aveva immaginata. E poi, sempre di “marchio Inail” ci sono i numeri delle violenze, quotidiane, terribili, che ci pongono al primo posto come vittime sacrificali della follia altrui. Ma pensate davvero che il peggiore nemico degli infermieri italiani sia stato solo l’invisibile virus, oppure il paziente in escandescenza che ci prende a pugni?
Se ad oggi la situazione non è cambiata, se a distanza di tempo, gli operatori sanitari, “ingabbiati” nei turni massacranti e nelle aggressioni perpetrate quotidianamente ai loro danni, ma soprattutto vittime di una valorizzazione economica che ancora non viene realizzata, sono costretti a scendere ancora nelle piazze per denunciare il loro malcontento, fino ad arrivare allo sciopero del prossimo 8 aprile, allora la risposta che vi darete non è certo difficile da immaginare». Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up. «Da una parte, l’8 marzo, sono arrivati i dati Inail sui rischi occorsi alle operatrici sanitarie sul luogo di lavoro nel periodo 2020-2021 (ovvero contagi e decessi). I numeri parlano chiaro.
Le nostre infermiere hanno pagato il tributo più pesante, sia a livello di contagi (l’83% del comparto dei tecnici della salute che si sono infettati sono infermiere), sia a livello di decessi (22%, otto vittime su 10 sono infermiere donne). Numeri inequivocabili: per tutti noi, in particolare per le nostre donne della sanità, il biennio 2020-2021 è stato un vero inferno e non potremo mai dimenticarlo.
I dati sulle violenze ai danni degli operatori sanitari sono, poi, più che mai, realtà dei giorni nostri e aprono uno squarcio incredibile, un micromondo dai contorni a dir poco drammatici.
Guardiamo e riflettiamo su questi numeri da film horror. Gli episodi di aggressione e di violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari sono stati oggetto di numerose cronache giornalistiche, che ne hanno evidenziato l’allarme anche dal punto di vista sociale. Si tratta di atti diffusi, che peraltro non sono sempre inquadrabili agevolmente dal punto di vista numerico, perché non denunciati o perché le vittime tendono a soprassedere. I casi di violenze, fisiche e psicologiche, nell’arco di 12 mesi, sono stati, secondo l’Inail, nel 2020, in media 2500, da Nord a Sud. Qui però ragioniamo solo sui casi denunciati. La nostra Federazione, invece, intervenuta in merito, nel corso della recente giornata, 12 marzo, la prima mai indetta, contro la violenza degli operatori sanitari, ha fornito stime ben peggiori rispetto all’Inail. Secondo la Fnopi, nove infermieri su dieci sono state vittime di violenza sul luogo di lavoro. Praticamente tutti.
Gli infermieri sono i professionisti della Sanità in assoluto più colpiti dagli atti di violenza sugli operatori sanitari. In particolare, sempre secondo le stime della FNOPI, l’89% degli infermieri è stato vittima di violenza sul lavoro e di questi casi nel 58% (oltre uno su due) si è trattato di violenza fisica. Tra aggressioni fisiche e psicologiche, spesso non denunciate si arriva addirittura a 5mila all’anno.
Ma noi del Nursing Up come sempre non ci limitiamo “ad osservare i freddi dati”, che peraltro da lungo tempo ci ostiniamo a denunciare, in particolare sin dalla fine del 2019, dando seguito dei risultati delle nostre indagini condotte in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Ci chiediamo oggi, questo sì, ed invitiamo i lettori a rifletterci, fino a che punto possano servire queste “giornate della riflessione”, se poi, nel contempo, ai numeri drammatici, non fa seguito un piano strategico di interventi per infrangere sul nascere gli episodi di violenza.
Vogliamo riassumere quanto accaduto solo nei mesi di gennaio e febbraio 2022? Intanto, tornando indietro sulle nostre denunce, ed analizzando le cronache locali, pare proprio che le regioni con il maggior numero di violenze ai danni degli infermieri siano il Veneto al nord e la Campania al Sud. Seguono Lazio e Lombardia. Non da meno l’Emilia Romagna.
Vogliamo allora parlare degli ultimi due mesi? Calci in testa, dita mozzate, tendini recisi, malori in seguito ad aggressioni, minacce e anche bottigliate e secchiate sul capo, come di recente avvenuto all’Ospedale del Mare di Napoli. Sono sempre gli infermieri le vittime sacrificali di reazioni incontrollate e vergognose.
E mentre a Bologna, al Policlinico Sant’Orsola, parte addirittura ad aprile la sperimentazione trimestrale di un gilet che lancia un potente allarme sonoro, e invia telefonate e sms a vigilanza e forze dell’ordine, segnalando la posizione gps, degli operatori sanitari, noi non possiamo che dubitare sulla effettiva utilità di tale strumento, che a nostro modesto parere rappresenterà solo un palliativo, non idoneo a surrogare ad efficaci ed efficienti presidi delle forze dell’ordine che chiediamo da tempo in ogni ospedale, e che celebrerà, invece, il fallimento di un sistema che nella realtà non vuole o non è capace di affrontare concretamente un problema grave e che oggi è sotto gli occhi di tutti.
E allora, ci chiediamo, sinceramente, mentre scendiamo di nuovo nelle piazze, per denunciare che nulla è tristemente cambiato, se anche il 2022 si concluderà così come è cominciato», chiosa De Palma.