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Sanità, personale sul piede di guerra, proteste da Milano a Roma per tagli agli organici

“Siamo alle solite, invece di potenziare i servizi sanitari e ringraziare chi ha lottato in prima linea un anno e mezzo per tirarci fuori dall’emergenza, assistiamo ad un contesto generale che vede il progressivo taglio di servizi, dalla contrazione dei posti letto nella provincia di Roma alla mancata stabilizzazione del personale precario a Milano, fino alla unilaterale determinazione delle piante organiche catanesi senza alcun confronto con il sindacato. Una fotografia desolante della sanità italiana che va oltre le più infauste previsioni e apre scenari che scatenano la giusta reazione di protesta dei lavoratori tutti. Noi non siamo rimasti di certo a guardare e le sedi territoriali si sono mobilitate per lanciare un messaggio forte e chiaro: basta prese in giro. Prima ci hanno chiamati eroi e ora non ci danno neppure gli aumenti di stipendio già pattuiti”. Questa la denuncia di Giuseppe Carbone, segretario generale Fials, Federazione italiana autonomie locali e sanità.

C’è fermento da nord a sud, tra i sanitari che si stanno riunendo in assemblee davanti agli ospedali e alle sedi regionali per mobilitarsi e manifestare il profondo dissenso verso la situazione che stanno vivendo. “Nonostante l’impegno largamente dimostrato sul campo – ribadisce Carbone – il personale sanitario si vede costretto a prendere iniziative di lotta per difendere i propri diritti”. Come avvenuto nei giorni scorsi in provincia di Milano, a Melegnano, dove i delegati Rsu hanno chiamato a raccolta centinaia di operatori infuriati e proclamato lo stato di agitazione per la mancata applicazione di un accordo integrativo che prevedeva passaggi di fascia e aumenti salariali per 852 tra infermieri, tecnici e amministrativi. La gratifica economica doveva essere un riconoscimento per l’impegno profuso in pandemia, invece niente. “Un comportamento inaccettabile – sottolinea il segretario generale Fials – visto che non è stato chiesto nulla più del dovuto”.

Sono le stesse persone che ci hanno difeso dal Covid e ora – stigmatizza Carbone – finita la retorica degli eroi, vengono liquidate senza tanti complimenti”. Si respira il medesimo clima di frustrazione tra i sanitari di La Spezia, dove è stato proclamato lo stato di agitazione. Chiusure e riaperture di reparti sono all’ordine del giorno, ma nessuno informa il personale su cosa accadrà l’indomani. “Le notizie sui cambiamenti organizzativi le riceviamo direttamente dai lavoratori stremati dai continui rientri in servizio – sbotta il segretario generale – constatando le variazioni di destinazione di reparto che avvengono quotidianamente”. Ne consegue un uso indiscriminato degli straordinari e delle pronte disponibilità che vanno ad intaccare i fondi contrattuali dei lavoratori. Il malcontento sta attraversando la penisola con iniziative di protesta anche a Potenza, di fronte alla Regione Basilicata, con il personale sanitario da 15 anni in attesa di rinnovo.

 

Sulle barricate anche l’Umbria: qui lo stato di agitazione dei lavoratori della sanità resta, dopo un tentativo di raffreddamento fallito. Per il sindacato la Regione non solo non ha trovato soluzioni rispetto alle rivendicazioni sugli accordi sottoscritti ma, addirittura, ha annunciato un’ulteriore decurtazione di oltre 2 milioni di euro ai fondi del comparto, venendo meno completamente a quanto concordato. Ma non è finita, perché la sigla si riserva, in assenza di convocazioni, di intraprendere più incisive azioni di lotta. Un confronto lo cerca domani la Fials Lazio, che ha organizzato un presidio davanti alla Regione a Roma per difendere il posto di lavoro di 160 operatori del San Raffaele di Rocca di Papa, ai castelli, e sollecitare un piano d’investimenti per l’occupazione. Altrimenti sarà inutile anche solo dialogare.

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