Sanità, proroga dei termini per la stabilizzazione del personale sanitario assunto durante l’emergenza pandemica da Covid-19
«Per mesi abbiamo condotto battaglie serrate, attraverso le nostre campagne stampa, per difendere il legittimo diritto alla stabilizzazione da parte di tutti quegli operatori sanitari che si sono spesi in termini di sacrifici, a rischio ogni giorno della propria vita, al servizio della tutela della salute della collettività, durante il nefasto biennio della Pandemia.
Fin dall’inizio abbiamo denunciato a gran voce come, durante il Covid, la maggior parte delle realtà ospedaliere, facesse perno, paradossalmente, su professionisti precari.
Per mesi abbiamo mostrato il pugno duro e ci siamo chiesti che senso avesse, di fronte alle gravi carenze di personale in cui versa in nostro SSN da fin troppo tempo, limitare la stabilizzazione solo a chi ha lavorato per almeno 18 mesi, dei quali almeno 6 durante l’emergenza Covid.
Abbiamo sempre fatto notare alle istituzioni che, quando si parla di infermieri, non faremo mai grandi passi in avanti se limitiamo il numero di assunti solo a quel gruppo insufficiente di circa 23mila unità che ha lavorato per almeno 6 mesi durante il periodo di emergenza. Non si risolve in questo modo una carenza strutturale di 80 mila unità. Non si poteva fare prima, non si può fare adesso.
E poi ci siamo chiesti insistentemente quale destino ha e avrà ancora oggi quella pletora di precari che, “figli di un Dio minore” pur vantando i 18 mesi di collaborazione (discontinua o continua) con gli Enti e Aziende del SSN, non sono stati chiamati in servizio durante i famosi e limitanti 6 mesi ricompresi nel periodo di emergenza.
Qualcosa è cambiato, certo, adesso possiamo dirlo con certezza, ma serve che il Parlamento intervenga ancora, per ricomprendere nella stabilizzazione quelli che sono ancora esclusi, e che servirebbero come il pane al nostro SSN.
Insomma, l’attesa svolta non è arrivata, questo ancora no, ma almeno la stabilizzazione degli professionisti della sanità assunti durante l’emergenza sanitaria ha subìto un cambiamento che attendevamo, una evoluzione che lascia ben sperare.
Finalmente, con un emendamento del Pd alla manovra approvato in commissione Bilancio della Camera, gli enti del Sistema sanitario nazionale potranno assumere a tempo indeterminato, entro il 31 dicembre 2024 anziché entro la fine del 2023, tutti i professionisti che abbiano maturato 18 mesi di servizio nella sanità pubblica entro il 31 dicembre 2023 (invece che entro fine 2022), di cui almeno 6 nella fase di emergenza nazionale.
«La proroga del proprio contratto di lavoro, a pochi giorni dal Natale, esordisce Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up, rappresenta una boccata d’ossigeno per tante famiglie di operatori sanitari.
Se poi pensiamo alle contingenze economiche che ci attanagliano e al mutato costo della vita, con le retribuzioni degli infermieri ferme al palo, con il nostro iniquo stipendio, non possiamo che ricordare alla collettività, e non è mai abbastanza farlo, come i nostri professionisti della salute, le eccellenze della nostra sanità, rischiano tristemente di finire nel “calderone” dei nuovi poveri del nostro Paese.
Alla luce di una situazione tutt’altro che edificante, sulla tortuosa strada di un percorso di valorizzazione ancora lontano anni luce, ecco che la proroga di questi contratti rappresenta certamente una luce in fondo al tunnel.
Ma non andremo lontano, continua De Palma, senza, da una parte, quel coraggioso piano di assunzioni, a tempo indeterminato, da Nord a Sud, indispensabile non solo per colmare la carenza strutturale che ci attanaglia, ma anche per rispondere al nuovo fabbisogno di professionisti della sanità da parte della collettività, fuori e dentro le realtà ospedaliere.
Dall’altra, solo il raggiungimento di una completa valorizzazione economica, con quell’aumento di stipendio chiesto a gran voce, da parte del nostro Sindacato, al Ministro della Salute, Professor Orazio Schillaci, potrà consentire agli infermieri di raggiungere quella serenità che è legittimata da competenze senza eguali e da un ruolo sempre più centrale e autonomo nel nostro sistema sanitario», conclude De Palma.