Scandalo estimi catastali a Lecce: il Consiglio di Stato dichiara irricevibile il ricorso presentato dalle Associazioni
Con sentenza n. 1178 del 20/02/2019, il Consiglio di Stato ha posto per sempre fine alla vicenda degli estimi catastali per tutti quei contribuenti che non hanno impugnato tempestivamente l’avviso di accertamento relativo alla revisione del classamento e delle rendite catastali delle unità immobiliari ricadenti nelle microzone nn. 1 e 2 del Comune di Lecce innanzi al giudice tributario.
Come noto, a seguito della formulazione da parte del Comune di Lecce della richiesta di revisione del classamento delle microzone nn. 1 e 2 del territorio di Lecce (delibera della Giunta Comunale n. 639 del 29 luglio 2010 e delibera della Giunta Comunale n. 746 dell’11 ottobre 2010), l’Agenzia del Territorio ha attivato la revisione del classamento e delle rendite delle unità immobiliari presenti nelle microzone suddette, pervenendo alla registrazione delle variazioni delle rendite nella banca dati catastale.
Avvenuta la registrazione nella banca dati, l’Agenzia del Territorio ha, di conseguenza, provveduto a notificare gli avvisi di accertamento della revisione del classamento e della rendita ai soggetti titolari di diritti reali sugli immobili compresi nelle microzone suddette.
A questo punto, mentre circa 7.000 contribuenti, così come consigliato dall’avvocato Maurizio Villani sin dall’inizio della vicenda, impugnavano gli avvisi notificati innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, con giudizi che sono giunti in Cassazione e hanno visto i contribuenti vittoriosi in tutti i tre gradi, con altresì la condanna dell’Agenzia del Territorio al pagamento delle spese di lite, tutti i restanti contribuenti, che non hanno impugnato tempestivamente l’avviso di accertamento innanzi al giudice tributario, sono rimasti in attesa e fiduciosi del giudizio intrapreso da un contribuente e dalle Associazioni di categoria Adusbef Puglia e Adoc Provinciale di Lecce presentato innanzi al giudice amministrativo.
Con siffatto giudizio, i ricorrenti hanno impugnato:
a) gli atti afferenti la suddivisione del Comune di Lecce in microzone catastali e gli atti afferenti le operazioni di revisione del classamento degli immobili siti in microzone per le quali era stata rilevata la presenza di una anomalia significativa;
b) l’attivazione della procedura da parte del Comune;
c) l’attivazione, in accoglimento della richiesta del Comune, della revisione del classamento e delle rendite catastali delle unità immobiliari delle microzone nn. 1 e 2, comprensive del 75% del territorio comunale.
Mentre il TAR accoglieva le tesi dei ricorrenti, riconoscendo la lesività degli atti generali impugnati, il Consiglio di Stato ha accolto il gravame presentato dall’Agenzia delle Entrate e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze dichiarando irricevibile il ricorso proposto innanzi al Tar e ritenendo decadute le parti dalla proposizione dello stesso.
In particolare, il Consiglio di Stato ha posto in evidenza come il termine per impugnare gli atti generali decorre dalla pubblicazione dei medesimi, senza che sia necessaria la comunicazione individuale, facendo presente come, nel caso di specie, la pubblicazione era avvenuta sul sito internet il quale, ai sensi dell’art. 1, comma 361, della Legge n. 244 del 2007, tiene luogo della pubblicazione del medesimo nella Gazzetta Ufficiale.
La mancata tempestiva impugnazione degli atti generali ha, pertanto, compromesso l’intera vicenda processuale.
Orbene, tale situazione ha comportato delle inevitabili ripercussioni sia sui contribuenti che sugli enti pubblici.
Per quanto riguarda i contribuenti ne è disceso che:
1) i contribuenti che hanno proposto tempestivo ricorso innanzi alla CTP di Lecce hanno visto accolte le proprie tesi, per cui per essi vale l’applicazione della vecchia rendita oltre al rimborso delle spese di lite;
2) per i contribuenti che non hanno presentato tempestivo ricorso vale la nuova rendita;
3) per chi si è fidato del ricorso delle Associazioni innanzi al giudice amministrativo vale, altresì, la nuova rendita.
Per quanto riguarda, invece, gli Enti Pubblici ne è disceso che:
1) l’Agenzia del Territorio ha creato un danno erariale, in considerazione del fatto che è stata condannata alle spese di giudizio e dovrà rendere conto di tutto ciò innanzi alla Corte dei Conti;
2) il Comune di Lecce, deliberando dapprima gli aumenti del classamento e delle rendite e, successivamente, insinuandosi nel giudizio amministrativo innanzi al Consiglio di Stato accanto alle Associazioni di categoria e chiedendo il rigetto dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha assunto un comportamento contraddittorio, ingenerando disorientamento nei cittadini che si sono illusi di poter vedere accolte le loro pretese.
Alla luce di tanto, oggi siamo di fronte ad una situazione tale per la quale i condomini di uno stesso piano, con immobili identici, hanno una classe e una rendita diversa, con conseguente ingiustificata e del tutto illegittima diversa tassazione.
«Appare evidente, pertanto, come l’unica soluzione, sin dall’inizio, come più volte da me suggerito» – rileva l’avvocato Maurizio Villani «era quella di impugnare entro sessanta giorni gli avvisi di accertamento catastali innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Lecce per evitare la definitività degli stessi e la perdita di tempo». Per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, «tuttavia, con la sentenza in questione viene sancita definitivamente la responsabilità politica della prima amministrazione “Perrone” che diede l’input all’avvio della revisione del classamento e delle rendite delle unità immobiliari presenti nelle microzone. Una procedura dichiarata paradossalmente illegittima finanche dalla Cassazione per i contribuenti ricorrenti ai singoli atti di accertamento, ma non per quelli che sono rimasti inerti e che dovranno subire passivamente le conseguenze di una scelta amministrativa del Comune di Lecce e dell’allora governo cittadino guidato dal sindaco Paolo Perrone, infausta e per l’appunto, contraria alla legge».