Scoperta in Puglia una maxifrode sull’olio
Con una tecnica innovativa del riconoscimento del Dna delle ‘cultivar di olivo’ presenti nell’olio (analisi molecolare), il Corpo forestale dello Stato, su delega della Dda di Bari, ha scoperto una maxifrode su 7.000 tonnellate di olio, spacciato come ‘100% italiano’, ma in realtà ottenuto mediante la miscelazione di oli presumibilmente extravergini provenienti anche da Paesi extra Ue (Siria, Turchia, Marocco e Tunisia). I controlli dei militari hanno interessato alcune aziende di Fasano, Grumo Appula e Monopoli, ed un laboratorio di certificazione.
L’olio veniva venduto sul mercato italiano ed internazionale (specie in quello statunitense e giapponese) con la dicitura ‘100% italiano’, configurando di fatto una frode in danno al Made in Italy. Sei le persone indagate per frode in commercio e contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari.
Nell’indagine sono coinvolte una decina di aziende pugliesi, ed il giro d’affari illecito è stimato in decine di milioni di euro. L’inchiesta della Dda di Bari è nata dopo la scarsa raccolta della campagna olivicola 2014-2015, definita ‘annus horribilis’ per il settore oleario. Secondo i dati Ismea, infatti, in quel periodo la produzione di olio da olive si è attestata intorno alle 235mila tonnellate. Gli investigatori del Nucleo Agroalimentare e Forestale (Naf) di Roma, specializzati nella lotta alle frodi agroalimentari, si sono rivolti all’Istituto di Bioscienze e Biorisorse (Cnr-Ibbr) di Perugia per stabilire l’origine geografica di molte partite di olio extra vergine di oliva etichettato come ‘100% italiano’. I risultati delle analisi, incrociati con quelli sulla tracciabilità ricavati dai registri informatici, hanno svelato la frode.