Sport sano e pulito, questo sconosciuto
Ci risiamo. L’Italia sportiva proprio non riesce a partecipare a manifestazioni internazionali in assoluta tranquillità. Alex Schwazer, punta di diamante dell’atletica leggera tricolore, è stato trovato positivo all’Epo (eritropoietina). Stando alle notizie che ha rilasciato la Fidal, il corridore bolzanino avrebbe assunto l’epo il 28 o 29 luglio. Di sicuro, il 30 ha ricevuto la visita a sorpresa della Wada (World Anti-Doping Agency). I campioni di sangue sono stati inviati al laboratorio di Colonia, uno dei più attrezzati, e ieri sono arrivati i risultati. Con l’agghiacciante esito: positivo. E così, il 28enne azzurro si è precluso la possibilità del bis olimpico, dal momento che avrebbe avuto tantissime chance di vincere la 50 chilometri di marcia prevista per sabato. Inutile dire che, dopo questo scandalo, la sua carriera sportiva finisce, e che a breve sarà espulso anche dall’Arma dei Carabinieri.
Il suo commento è stato lapidario: “Ho sbagliato io, la mia carriera è finita. Volevo essere il più forte alle Olimpiadi, ma ho sbagliato”. Schwazer, quindi, avrebbe fatto tutto da solo. Colleghi di lavoro, tecnico e federazione ignari di tutto. Qualcosa non torna: possibile che il principale atleta azzurro venga lasciato in condizioni di commettere una sciocchezza simile? Ultimamente, sul conto di Schwazer circolavano voci molto strane: si diceva che il suo nome figurasse nell’elenco dei pazienti di un medico ‘discusso’, indagato da alcune procure. La sostanza utilizzata dall’atleta, poi, non era neanche di quelle molto ricercate, e qui le domande si sprecano: era la prima volta che l’assumeva, oppure l’aveva già fatto prima? E se sì, perché nessun controllo italiano lo ha fermato?
Per la cronaca, l’Epo (eritropoietina) è una sostanza sintetica utilizzata per aumentare l’ematocrito (cioè la percentuale di volume sanguigno complessivo occupato dai corpuscoli (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) nel sangue). Un ematocrito alto permette al sangue di essere più denso e viscoso, e veicolare una maggiore quantità di ossigeno ai muscoli, quindi avere prestazioni più elevate e un recupero della fatica più rapido.
Michele Didoni, l’allenatore di Schwazer, appresa la notizia, è rimasto gelato: “Sono stato preso in giro, fregato. Tutti lo siamo in questo momento, perché Alex, mentendo, ci ha fatto piombare nella vergogna. Negli ultimi mesi, sono stato solo 10 giorni a casa mia, gli altri li ho passati con lui. Ora mi chiedo: chi me l’ha fatta fare? Per stare con lui, ho trascurato la mia famiglia. E’ stato anche il padrino di mia figlia Micol. Non me lo perdono”. Il padre dell’atleta, Joseph Schwazer, ha cercato di assumersi le responsabilità del gesto: “Le responsabilità sono mie, perché se un figlio sta male tutto l’anno, bisogna capire e cercare di parlargli. L’ultima volta che è partito di qui era distrutto. Ha assunto l’Epo perché, probabilmente, non voleva deludere gli altri: si era chiuso in sé stesso, si allenava da solo. Spero solo di poter rimediare agli errori che ho fatto con lui”. Frasi toccanti, da vero genitore.
La figuraccia di Alex Schwazer ci fa capire che l’uso di sostanze dopanti è così radicato nello sport da essere considerato lo specchio della società odierna: la scorciatoia per arrivare subito alla meta, da vincitori. Come arrivarci è di secondaria importanza. Ed allora, dato che più se ne parla, più si affronta la piaga del doping e più, paradossalmente, il fenomeno aumenta, perché non rendere lecito il doping, così ognuno fa quello che vuole con la propria salute? D’altronde, come si suol dire: Parigi val bene una messa. Sapendo, però, che poi non bisogna pretendere né consenso, né stupore, né spazi televisivi. Sono perfettamente d’accordo con quanto ha detto oggi Vittorio Zucconi, giornalista e scrittore italiano, nonché direttore della testata giornalistica di Radio Capital: “In questi casi bisogna utilizzare la pena di morte civile e sportiva”.