Statistiche falsate sul lavoro sommerso
I dati forniti sul lavoro sommerso che danno la Basilicata al primo posto in Italia, con distacchi notevoli rispetto alla media nazionale, come tutte le statistiche, vanno letti e interpretati cum grano salis. È noto, infatti, che la Basilicata ha la percentuale più alta d’Italia del rapporto tra ispettori e aziende. È come se da noi ci fosse 1 ispettore ogni 10 aziende, a fronte di uno su cento o uno su mille di altre regioni. Ne deriva che in Basilicata le imprese sono ispezionate con una frequenza di gran lunga superiore rispetto alle aziende di altre regioni. Da un rapido calcolo, ogni azienda lucana riceve almeno un’ispezione al mese da uno dei diversi organi ispettivi competenti.
Ciò non toglie, ovviamente, che il lavoro sommerso sia una piaga da combattere, che danneggia le imprese sane che rispettano la legge. Ben vengano, quindi, le proposte volte a contrastare le distorsioni del sistema di aggiudicazione del massimo ribasso, a favorire le stazioni uniche appaltanti, a stipulare protocolli di legalità, a qualificare maggiormente le imprese; in una parola, a sviluppare una cultura della trasparenza e del rispetto delle regole del mercato. Di qui, tuttavia, a criminalizzare interi settori trainanti della nostra economia, come per esempio l’edilizia, ce ne passa.
Al di là delle statistiche, falsate da una mera lettura dei dati non accompagnata da una reale conoscenza dei fatti, il lavoro sommerso in Basilicata è in linea con quello del resto del Paese. Sempre troppo alto, è vero, ma senza particolari primati negativi. Chiarito l’equivoco e sgombrato il campo da ogni errore, occorre comunque lavorare, tutti insieme, per rimuovere i comportamenti illegali ed eliminare tutte quelle distorsioni del mercato che spingono le imprese travolte dalla crisi verso l’usura, dove sono più facili le infiltrazioni criminali.
Infatti, i ritardati pagamenti della pubblica amministrazione e la stretta creditizia creano una spirale perversa che ha un grave effetto destabilizzante e che pone le imprese a rischio di usura. Gli auspicati protocolli di legalità, infine, dovrebbero prevedere forme di tutela anche verso le imprese locali che lavorano come subappaltatori e fornitori nei grandi appalti sul territorio.