Studenti fuori sede e Covid-19: l’affitto va pagato o si scioglie il contratto
Stanti le limitazioni alla libertà di circolazione rese necessarie dal coronavirus, l’inquilino non puoi certo lamentare l’impossibilità di usufruire dell’immobile, dato che va rispettata la regola generale: stare a casa! Per gli stessi motivi lo Stato non ha concesso ad oggi nessun sostegno economico, a differenza di quanto si dirà per le locazioni di immobili ad uso commerciale. Pertanto, per legge non spetta alcuna riduzione e chi ha lasciato l’alloggio per tornare in famiglia deve accordarsi con il proprietario o tentare il «recesso». Gli studenti universitari, visti i recenti decreti, restano comunque obbligati al pagamento dell’affitto. Il mancato utilizzo, va detto, non dipende da nessuna delle parti contrattuali, né c’è la possibilità di ipotizzare una forma di responsabilità, anche indiretta e senza colpa, del locatore per l’indisponibilità dell’alloggio. Se il provvedimento del Governo introduce un limite straordinario alla circolazione, come alla possibilità di partecipare a lezioni universitarie, che è sicuramente un caso di forza maggiore, frutto di un provvedimento d’ordine pubblico incontestabile, sul piano contrattuale e civilistico non è cambiato nulla perché il contratto resta valido ed efficace. D’altronde l’immobile resta agibile e utilizzabile e il Governo non ha vietato allo studente di vivere nell’immobile locato, non ha reso inagibile l’immobile per legge, anche se le lezioni sono sospese. Quindi lo studente non potrà in alcun modo sospendere o autoridurre il canone. Potrà proporre al locatore di rivedere l’aspetto economico del contratto, ma si tratta di una pura proposta. Così come per il contratto, occorre che ci si metta d’accordo in due per la sua modifica. A tal fine, essendo un accordo in riduzione, non sconta né l’imposta di registro né di bollo, anche se si aspettano chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate sull’applicazione della sospensione degli adempimenti, in ragione dell’emergenza COVID19, che dovevano essere eseguiti dall’8 marzo al 31 maggio 2020. Se non si trova un accordo allora al conduttore non resterà che recedere con effetto immediato dal contratto, facendo rilevare la sussistenza dei gravi motivi ed è tenuto a inviare una raccomandata al proprietario, con minimo tre mesi di anticipo. Va precisato che anche nel caso di grave pericolo di contrarre malattie, come accade a Milano, l’ultima parola spetta al giudice e una risoluzione pacifica del contratto è sempre la più ragionevole a norma dell’articolo 1372 del Codice civile. Tra i gravi motivi si ritiene possa annoverarsi (ove la crisi si protragga a lungo) l’epidemia da Covid–19 e che, tra l’altro, non consente la libera circolazione su tutto il territorio nazionale. Con riferimento ai contratti di locazione ad uso abitativo il conduttore può avvalersi dell’art. 1467 c.c. se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458 del codice civile. Va da sé che la possibilità di fruire di quanto sopra indicato debba essere limitata ai soli soggetti che, a causa del Coronavirus, abbiano avuto e possano provare una consistente riduzione delle proprie entrate.
Pierluigi Diso