Sviluppo sostenibile, il punto della situazione in Basilicata in un report del centro studi della Cisl
È stato pubblicato il numero 4/2024 di Congiunture, il report periodico curato dalla sociologa Luana Franchini per il Centro Studi “Pensiero Futuro” della Cisl Basilicata. Occhi puntati questa volta sulle politiche di programmazione regionale in rapporto all’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile. Il report contiene un focus dettagliato sullo stato di attuazione degli obiettivi dell’Agenda – i famigerati Sustainable Development Goals (SDGs) – dal quale emerge che la Basilicata ha centrato tre obiettivi su 24 (raggiungere la quota del 25% di superficie agricola destinata ad agricoltura biologica; ridurre al di sotto del 9% l’uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione 18-24 anni; raggiungere la quota di almeno il 45% di energia da fonti rinnovabili), ha a portata di mano il raggiungimento di altri due obiettivi in materia di servizi per l’infanzia e connettività, mentre per altri quattro obiettivi ha registrato un progresso moderato. In sintesi, «possiamo dire che 9 obiettivi su 24, vale a dire più di un terzo del totale, hanno preso una direzione positiva». Tuttavia, per i rimanenti obiettivi dell’Agenda 2030 c’è ancora molta strada da fare. Infatti, la Basilicata mostra progressi insufficienti sul gap occupazionale di genere, sul tasso di occupazione nella classe di età 20-64 anni, sulla percentuale di Pil investita in ricerca e sviluppo, mentre per altri dieci obiettivi si registra un percorso di divergenza, come nel caso della efficienza delle reti idriche (tema quanto mai attuale), sulla riduzione delle emissioni di CO2 e sulla durata dei procedimenti civili.
Nella introduzione il segretario generale della Cisl Basilicata Vincenzo Cavallo sollecita l’adozione di una metodologia della programmazione che sia in discontinuità con il passato, «una metodologia – spiega – che non pensi al giorno per giorno, o che si affidi alla provvidenza, ma pensi ai prossimi venti anni, cercando già oggi di prefigurarsi quello che potrebbe succedere nei prossimi anni. Di dati e di segnali ne abbiamo davvero tanti, e sulla base di questi occorre assumere decisioni con la consapevolezza che bisogna adattarsi al meglio ai mutamenti di medio e lungo periodo. In poche parole, occorre fare prevenzione». Secondo Cavallo «si devono, poi, rendere visibili le connessioni intersettoriali e multidimensionali fra i vari ambiti al fine di comprendere e declinare la complessità nelle varie forme. Un esempio di questo è la crisi di Stellantis, che non è un problema locale, ma un problema internazionale e multilivello. Questa metodologia – osserva ancora il segretario della Cisl – è contenuta nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, ma è ancora poco praticata dalla Regione Basilicata. Per territorializzare l’Agenda 2030, è fondamentale trovare una soluzione al divario esistente fra i tempi del mandato amministrativo e i tempi necessari alla messa a terra del processo sostenibile, rafforzando gli strumenti per formare e coinvolgere tutti gli stakeholder. Nel patto sociale che sollecitiamo al governo regionale chiediamo quindi di inserire la cornice dei 17 goal da raggiungere entro il 2030 in ogni atto politico ed amministrativo».
Prendendo spunto dal lavoro dei premi Nobel per l’economia 2024 Daron Acemoglu, Simon Johnson e James Robinson su «come le istituzioni si formano e influenzano la prosperità», la responsabile del centro studi e curatrice del report Luana Franchini indica nella logica estrattiva, predatoria e subalterna il principale ostacolo allo sviluppo della Basilicata: «La Basilicata è vittima della estrazione delle risorse come l’Africa per cui è stata coniato il paradigma della “maledizione delle risorse”, ossia una sindrome politico-economica in cui un Paese che dispone di materie prime e ricchezze minerarie non riesce a strutturare un modello di sviluppo virtuoso ed inclusivo. Dobbiamo tutti evitare – avverte Franchini – che alla Basilicata si assegni il ruolo esclusivo di un serbatoio di materie prime ed agricole che alimenta catene produttive e di valore aggiunto altrove, rassegnandoci ad una economia della predazione e della subalternità».