Troppi parti cesarei in Puglia
Il 12 gennaio scorso l’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) ha segnalato formalmente ad alcune Regioni, e per conoscenza al Ministero della Salute, l’esistenza di problemi di validità delle informazioni contenute nelle schede di dimissione ospedaliera (le cosiddette SDO) con procedura di parto cesareo, in alcune strutture sanitarie, per quanto riguarda le diagnosi di ‘Posizione e presentazione anomala del feto’. Il fenomeno interessava in particolare la Regione Campania e, con minore estensione, le Regioni Lazio, Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia. E la condizione ‘Posizione e presentazione anomala del feto’, fortemente associata al taglio cesareo, risultava in alcune strutture molto rappresentata. L’Agenas ha notato come la ‘posizione anomala del feto’ risultasse sopra il 20 e addirittura il 50% tra tutti i primi parti cesarei, contro una frequenza media nazionale dell’8%.
Sulla questione, il Ministro Balduzzi ha affermato: “In presenza di dati che creano ragionevoli dubbi sulla legalità dei comportamenti, c’è il dovere di perseguire la strada giudiziaria. In varie situazioni, le cartelle cliniche dicevano cose diverse rispetto a quanto documentato dalle indagini ecografiche o radiologiche, o addirittura si è registrata la mancanza nella cartella clinica della documentazione stessa per supportare la diagnosi”
Nel 2010 la Puglia, su un totale di 30.719 parti tra naturali e primi parti cesarei, ha ottenuto una percentuale dell’8,85% di primi parti cesarei con diagnosi di ‘posizione anomala del feto’, corrispondenti a 2.720 casi sul totale. Questi valori sono incompatibili con la distribuzione di questa condizione al parto nella popolazione e, hanno quindi fatto scattare allarmi circa una utilizzazione opportunistica di questa codifica, non basata su reali condizioni fisiche. Il Ministero della Salute ha attivato un’azione di controllo campionario mirato alle dimissioni per primo parto cesareo di ‘posizione e presentazione anomala del feto’, per verificare se le informazioni contenute nelle SDO corrispondessero all’effettiva documentazione presente nella cartella clinica.
Lo stesso Ministero ha ricordato che i rischi legati al parto, sia naturale che con taglio cesareo, sono oggi fortunatamente molto bassi. Tuttavia, il taglio cesareo elettivo a termine di gravidanza comporta alcuni rischi maggiori per la madre e per il neonato rispetto al parto vaginale. Per esempio, rispetto a una donna che partorisce naturalmente, una donna sottoposta a parto cesareo ha un rischio triplo di decesso a causa di complicanze anestesiologiche, un rischio di lesioni (vescicali e/o ureterali) fino a 37 volte maggiore e ha una probabilità di sottoporsi a laparotomia esplorativa post-partum aumentata di circa 18 volte. Da qui ne consegue l’importanza dell’indagine messa in atto da parte del Ministero.
In particolare, si è evidenziato come le cartelle cliniche coerenti con la SDO sono 44 mentre quelle che non lo sono, ne contano 51. La percentuale di incoerenza è del 56%, facendo così rientrare la nostra regione tra quelle ritenute più a rischio. Ad oggi sono state esaminate 1117 cartelle (il 34% del campione da esaminare); ne restano da verificare 2155 appartenenti a strutture presenti nel Lazio, Campania, Puglia, Basilicata, Sicilia e nella Provincia Autonoma di Bolzano, così da poter avere un quadro completo della situazione e poter disporre gli eventuali provvedimenti.