Vent’anni senza Ayrton Senna
Ayrton Senna da Silva, o più semplicemente Ayrton Senna. Per gli amanti della Formula 1,e dei motori in generale, uno dei più grandi piloti della storia (o il migliore in assoluto). L’1 maggio 1994 è la data maledetta, la data che nessuno mai vorrà ricordare. Si celebra la Festa dei Lavoratori, e dovrebbe essere un giorno, appunto, di festa. Ma per chi ha il pallino dei motori la data è cerchiata in nero, perché ha portato via un uomo, prima che un campione, una persona genuina, ma che quando indossava quel suo casco giallo, si trasformava in un’ira di Dio. Per lui, il Brasile si è fermato 3 giorni, alla notizia della sua morte ci sono stati casi di suicidio. Ai suoi funerali ha partecipato quasi mezzo paese, come si fa per i grandi. Al cimitero di Morumbì, a San Paolo, la tomba di Senna, la numero 11, è meta di tantissimi pellegrini. Sulla lapide, un epitaffio semplice, ma nello stesso tempo intriso di significato: “Nulla mi può separare dall’amore di Dio”.
Sin da bambino mostra un interesse viscerale per il mondo della meccanica, tanto da pilotare i kart in età ancora infantile. E la stoffa emerge subito; Senna è un predestinato: cura in modo maniacale la sua vettura, si ferma ore a parlare con i tecnici per trovare il miglior assetto. Il suo esordio in Formula 1 è datato 1984, con una Toleman. E già in quel caso, molti capiscono che con quel pilota scatenato tutti dovranno fare i conti. La Toleman non è una scuderia di livello, ma l’alchimia segreta è la pioggia: quando sui circuiti aleggia lo spettro della pioggia, Senna si trasforma. Come ha guidato lui su piste bagnate non ha mai guidato nessuno. Il talento, come detto, sboccia precoce. Ora, per poter ambire alla vittoria, occorre un’auto di spessore. E nel 1988 la chance arriva, con la McLaren. Una sfida affascinante, anche perché il compagno di squadra si chiama Alain Prost. Il titolo arriva subito, ma fa notizia anche la guerra con il pilota francese: un amico-nemico, un odio mai nascosto, ma anche un’ammissione: “Siamo diversissimi, opposti. Ma io non potrei mai correre senza di lui”, dichiarazione che inneggia alla battaglia vera, e carica di adrenalina ogni singola gara.
Una rivalità che continua anche quando Prost si accasa alla Ferrari. E la Casa di Maranello avrebbe potuto essere la sua casa, perché voci affermano dell’esistenza di un accordo tra Senna e Enzo Ferrari a partire dal 1995. Nel frattempo, e siamo nel 1994, Ayrton passa alla Williams Renault, dopo 6 anni di McLaren conditi da 3 titoli mondiali. Ma la vettura inglese sarà la sua ultima macchina, Imola il suo ultimo teatro, e l’Ospedale Maggiore di Bologna il luogo in cui esala l’ultimo respiro. Al momento dello schianto alla Curva Tamburello, Senna era primo. Ci ha lasciati così, lui davanti a tutti. Le cifre della sua carriera sono al limite dell’umano: 162 Gp disputati, 80 podi, 41 vittorie, 65 pole position e 3 titoli mondiali vinti. Cifre che sarebbero aumentate, se non ci fosse stato quel Gp di Imola. Uno così nasce ogni 40-50 anni. Nella vettura aveva con sé la bandiera austriaca, perché una volta finito il Gp, avrebbe sventolato il vessillo sul podio, per ricordare l’amico Roland Ratzemberger, morto il giorno prima durante le prove ufficiali di quello che è stato un weekend tragico.
Mi piace ricordare alcune parole che Richard Williams ha scritto nel suo libro ‘Senna, il destino di un campione’, per capire ancor più a fondo il personaggio Ayrton Senna: “Mai vi fu pilota di Formula 1 più riflessivo di Senna, né più evidentemente interessato alle questioni filosofiche sollevate dalla sua professione. Quando si metteva al volante, però, non lasciava spazio ai ripensamenti, non dubitava del proprio talento, né esitava a sorpassare al primo minuscolo spiraglio di opportunità . Sapeva che la sua determinazione a lavorare sui limiti era ciò che permetteva di avere la meglio sui colleghi più inclini a riflettere e a valutare possibilità e rischi, anche solo per un microsecondo”.
OBRIGADO AYRTON!!!!