Vescovo di Tricarico ha celebrato la Messa crismale in Cattedrale
Lo scorso sabato pomeriggio, vigilia di Pentecoste, nel rispetto delle normative previste per le celebrazioni eucaristiche in questo periodo di emergenza sanitaria, nella cattedrale di Tricarico è stata concelebrata la messa crismale, presieduta dal Vescovo diocesano monsignor Giovanni Intini e a cui hanno partecipato tutti i sacerdoti della Diocesi. La messa crismale, non è soltanto il rito in cui il vescovo benedice il sacro crisma, l’olio dei catecumeni e l’olio degli infermi ma è, per tutti i sacerdoti, soprattutto il rinnovo delle promesse fatte al momento dell’ordinazione davanti al vescovo e al popolo dei fedeli. Nell’omelia, monsignor Intini ha sottolineato il contesto anomalo in cui quest’anno si è celebrata la messa crismale, di solito officiata, a Tricarico, il pomeriggio del Mercoledì Santo, prima di Pasqua ma ha evidenziato che questo spostamento, dovuto all’emergenza sanitaria di questi mesi, ha offerto la possibilità di una riflessione su quanto è avvenuto. Partendo dal racconto della torre di Babele, riportato dal Libro della Genesi, monsignor Intini ha fatto notare che l’antico progetto di creare con la forza un unico popolo forte e tecnologicamente potente, capace di sfidare Dio, è una tentazione presente in tutte le epoche storiche. Alla luce di quanto raccontato nella Genesi, il Vescovo, leggendo la situazione del mondo attuale, ha evidenziato che, “in seguito alla pandemia, che ci ha messo con le spalle al muro, anche noi forse dovremmo ammettere che abbiamo costruito una società che assomiglia a un gigante dai piedi di argilla, che è crollato sotto i colpi di un virus invisibile, che ha lasciato segni devastanti. Da dove si può ripartire? Certamente dall’uomo, disposto ad accogliere la voce interiore di Dio che, attraverso lo Spirito Santo, propone il Vangelo di Gesù come fonte ispiratrice di un nuovo modello di umanità aperta alla speranza, attenta a tutti, soprattutto ai deboli e aperta al mistero della vita e della morte”. Come Chiesa, ha spiegato il Vescovo, bisogna non tanto resistere passivamente a questi tempi difficili, attraverso una sterile perseveranza, quanto, invece, vivere una fedeltà creativa che fa tendere non solo a fare il possibile ma a volare alto, scegliendo di fare tutto il bene possibile, in vista di un necessario cambiamento di rotta per la propria vita personale e comunitaria. Non è perciò sufficiente dire di voler tornare alla normalità, se questo significa ritornare agli stili di vita irresponsabili, egoistici, vuoti e faraonici che hanno caratterizzato il recente passato. In conclusione, monsignor Intini, facendo suo il pensiero di San Paolo VI alla chiusura del Concilio Vaticano II, ha indicato a tutta la comunità diocesana lo stile del buon Samaritano come stile per questo tempo difficile, che chiede alle comunità cristiane di curare, accompagnare ed educare la gente impaurita e disorientata da quanto ha vissuto.