WikiLeaks colpisce anche il petrolio
“Finalmente dalle notizie diffuse da Wikileaks riusciamo ad avere risposte ai quesiti che come Csail poniamo da anni: primo, perché il petrolio Eni della Val d’Agri finisce in Turchia; secondo, perché non sono mai stati installati contatori”. E’ il commento del presidente del Csail Filippo Massaro secondo il quale “il petrolio e anche il gas lucano sono al centro di un affare energetico colossale che secondo le prime indiscrezioni diffuse da siti web e dai giornali nazionali si realizza attraverso il progetto South Stream che coinvolge Russia, Turchia, Italia e, di recente anche la Germania e prevede di raggiungere, fra 8 anni, l’Europa del Nord, tramite i Balcani e l’Europa del sud e il Mediterraneo, tramite l’Italia, e attraverso il gasdotto Nabucco che è un progetto volto alla realizzazione di una nuova via di importazione del gas naturale proveniente dalla zona del Caucaso, del Mar Caspio e, potenzialmente, del Medio Oriente, collegando la Turchia con l’Austria. Dunque il greggio estratto dai pozzi della Val d’Agri – è la considerazione del presidente del Csail – è una risorsa di “baratto” per affari tra Eni, la società energetica di stato della Turchia Botas e quelle russe tra cui Gazprom. E in queste notizie riservate si trova anche il motivo della mancata risposta dell’allora Ministro allo Sviluppo Economico Scajola ad un’interrogazione dei deputati del Pdl Lamorte, Taddei e Moles (atti della Camera 4/00413 del 19 giugno 2008, seduta 020) per la parte riferita all’ Unmig “organo preposto al rilascio delle licenze petrolifere alle strette dipendenze del Ministero dello sviluppo economico che – scrivono gli interroganti – non ha dato comunicazione dell’ export di greggio verso la Turchia”. L’allora Ministro Scajola risponde che “è tutto in regola”, ma non dice una sola parola su “quali iniziative assumere – come richiesto dai deputati del Pdl – affinché l’Unmig adegui la propria attività di verifica e controllo, avvalendosi della cooperazione della Guardia di finanza e degli uffici per il commercio con l’estero, specie in riferimento all’esportazione del greggio lucano in Turchia, da assicurare attraverso l’oleodotto Viggiano-Taranto e, successivamente, con navi-cisterna”. Anzi, Scajola rigetta la proposta degli stessi deputati lucani per l’istituzione di una task force da affiancare all’Unmig perché “non necessaria”.
Solo qualche giorno fa rilanciavamo la “battaglia dei contatori” per conteggiare i barili di greggio estratto ed esportati in Turchia. Adesso – conclude Massaro – quello che per noi era un semplice sospetto sta diventando una verità scottante che richiede la massima attenzione del “popolo del petrolio” e ci auguriamo di istituzioni e politici lucani perché si metta fine al “baratto”.